Herbert Roeyers dell’Università di Gand in Belgio interviene al IX Congresso Internazionale di Autism Europe a Catania.
Data l’importanza che hanno nello sviluppo, l’imitazione e l’ attenzione condivisa dovrebbero costituire degli obiettivi critici nell’intervento precoce. Si osserva invece che l’abilità di attenzione congiunta raramente è un focus dell’intervento. Questo mentre si dà l’evidenza del fatto che l’attenzione condivisa può essere insegnata.
Dalla relazione di Franco Nardocci emerge chiaramente il problema della differenziazione tra le Regioni, che comporta una estrema disomogeneità delle situazioni. (Che cambiano fortemente anche da Provincia a Provincia, e da ASL ad ASL). Emerge anche la forte criticità che sussiste nello snodo tra Neuropsichiatria infantile e Psichiatria, per cui il bambino autistico che diventa ragazzo subisce ancor oggi spesso un inaccettabile ed inspiegabile cambiamento di diagnosi.
I Tavoli regionali sull’autismo (come quello che sta trascinandosi nella Regione Veneto) vanno bene, ma dovrebbero esistere: i programmi specifici per l’autismo; i finanziamenti, che devono essere vincolati; le modalità di finanziamento; i modelli organizzativi (Centri regionali di riferimento, équipes preparate e specializzate in ogni ASL); screening precoci in collaborazione coi pediatri; le modalità per la gestione e il trattamento dell’autismo degli adulti.
Il quadro complessivo della situazione dell’autismo nelle varie Regioni italiane è deprimente. Soprattutto per la scarsità di risorse dedicate, ma anche per la mancanza di visione del problema e di una linea comune sui trattamenti, che comporta il fatto che le famiglie si trovino di fronte a una pluralità di suggestioni e offerte (come quella del DAN!) e finiscano per essere disorientate.
Franco Nardocci, Presidente della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e Responsabile Scientifico del Programma per l’Autismo in Emilia-Romagna (PRIA), svolge una relazione in cui delinea i caratteri fondamentali delle Linee Guida della SINPIA. Queste Linee sono solo la prima tappa di un cammino ancora molto arretrato, come si vede dalla prima parte dell’intervento di Nardocci, che si sofferma anche sulla situazione storica dell’autismo in Italia (disastrosa).
Eric Fombonne mostra come debba procedere una vera ricerca scientifica sulle cause ambientali dell’autismo, anche riguardo alle ipotesi di cause legate alla neurotossicità. Ad una ricerca seria servono grandi numeri, e metodologia rigorosa. Tutti i falsi profeti dell’autismo, come quelli del DAN, che strombazzano certezze acquisite, sono semplicemente fuori dalla scienza.
Esclusa la responsabilità di mercurio e vaccini, ipotesi che non ha retto alla sperimentazione, rimane molto difficile individuare fattori di rischio ambientali per l’autismo che siano generalizzabili.
Nel suo intervento al IX congresso internazionale di Autism Europe a Catania, Eric Fombonne (capo della Division of Child Psychiatry della McGill University, direttore del Department of Psychiatry del Montreal Children’s Hospital, Canada) sviluppa un’accurata analisi dei fattori di rischio ambientali concernenti l’autismo.
Le innumerevoli falle del sistema socio-sanitario italiano, che sul terreno dell’autismo è ancora spaventosamente arretrato, fanno sì che le famiglie dei bambini autistici spesso non ricevano un’informazione corretta né terapie valide per i loro figli. E l’internet è un oceano popolato di squali, dove si trova anche buona informazione, ma dove abbondano i ciarlatani e i complottisti, e coloro che offrono rimedi mirabolanti, che costano molto denaro e non portano a nulla. Informazione scientificamente corretta e presa in carico efficace sono i due poli della rivoluzione culturale che occorre per l’autismo.
Il primo problema dei genitori di un bambino con autismo è quello dell’informazione. Le neuropsichiatrie ne forniscono in misura limitata, e non sempre corretta. Si pensi solo a questo: la scienza oggi dice che un intervento di tipo cognitivo-comportamentale deve essere il più possibile precoce, e che fa benissimo ad un bambino autistico (e comunque non fa affatto male, anzi, ad un bambino che in realtà non sia autistico). La scienza inoltre ci dice che un intervento cognitivo-comportamentale (come ABA) dà risultati tanto migliori quanto più elevato è il funzionamento del bambino. Quindi dovrebbe essere applicato con tanto maggior convinzione quanto migliori sono le condizioni del soggetto. Ma la maggior parte dei neuropsichiatri italiani è ancora convinta che “ABA sia per i gravi”, dimostrando di aver capito ancora ben poco dell’autismo. Rendendosi corresponsabile così del ricorso di molte famiglie ai falsi profeti dell’autismo, come quelli del DAN!.
La cosiddetta comunicazione facilitata è stata da tempo accantonata dalla scienza come metodologia del tutto priva di basi sperimentali. Nondimeno, in Italia continua ad essere utilizzata in molti luoghi, equivocando sull’utilizzazione di strumenti informatici per l’autismo, che spesso possono essere assai utili. Per questa ragione, se ne è parlato anche nel congresso di Catania.
La determinazione del rischio di autismo per i bambini in età molto precoce può consentire di mettere in atto programmi cognitivo – comportamentali che infine comportano una riduzione dei costi sociali ed economici dell’autismo. Investire oggi significa risparmiare molto domani. Ma è una logica che non è facile far passare.