ABA fa male agli autistici?

29/04/2018

 

abacontroversy

Quando la parte più alta dello Spettro dell’Autismo parla, sarebbe bene ascoltarla, sempre. Ma non avviene spesso, e, cosa singolare, spesso non avviene da parte dei grandi esperti mondiali di autismo, che sono tutti neurotipici. Articoli come Does ABA harm Autistic People? di Shona Davison (che è autistica e madre di due autistici) potranno forse apparire sconcertanti a coloro che in Italia si battono per il benessere e i diritti delle persone con autismo. Mettono infatti sul banco degli accusati l’ABA (Applied behaviour analysis), cioè  quello che per molti è il principale, e di fatto l’unico disponibile trattamento scientificamente validato, o almeno quello più sicuro, che dà i migliori risultati e consente i più vistosi progressi: spesso l’unica ancora di salvezza per moltissime famiglie. Tuttavia, le tesi di Shona Davison non sono solo sue: appartengono all’ala militante della Self-Advocacy della comunità dell’autismo nei Paesi anglosassoni (dove soluzioni e problematiche emergono con anni di anticipo rispetto all’Italia). Sono tesi diffuse, e hanno un senso ben preciso. Sono state delineate anche in libri di grande successo, come NeuroTribes di Steve Silberman. Esse investono problemi generali e questioni che possono sembrare astratte e remote dalla vita quotidiana, mentre riguardano da vicino la natura stessa della nostra società e i suoi valori di fondo. Anche da questo articolo, come da una infinità di post, documenti e discorsi accessibili nel Web e prodotti da quelli che io definirò da qui in avanti autistici militanti, le persone autistiche sono concepite come una minoranza all’interno della società. Come i neri, ma soprattutto come gli omosessuali (ad alcuni dei quali, non a caso, ai suoi esordi si applicò l’ABA nell’intento di normalizzarli, ovvero di trasformarli in eterosessuali). Ogni minoranza può essere oppressa, ovvero si può usare la violenza in varie e spesso subdole forme, per normalizzarla. Si può cioè forzarla a perdere i suoi caratteri distintivi, quelli che la rendono tale qual è e vuole continuare ad essere. Gli autistici militanti non vedono l’autismo come una malattia e nemmeno come una condizione limitante, lo vedono come differenza: la persona autistica è soltanto una persona con un diverso tipo di mente. E ha il diritto di tenersela e di vivere secondo la propria natura. Di conseguenza, applicare tecniche comportamentali su un bambino autistico sperando di farlo fuoriuscire dallo Spettro  pone una grave questione etica, ampiamente sottovalutata in tutto il mondo, e in Italia totalmente ignorata (l’etica, si sa, non è il forte degli Italiani).

Alcune affermazioni di Shona Davison. «È possibile cambiare il comportamento mediante l’ABA, questo è sicuro – anche se non con l’efficacia che qualcuno pensa (vedi Dawson, 2004; Hassiotis et al., 2018, Hughes, 2008). Ma il punto non è questo. Noi dovremmo considerare se ci sia consentito cambiare il comportamento – che spesso è inoffensivo e spesso anche utile. Molto spesso il principale beneficiario del cambiamento non è la persona autistica, sono le persone intorno a lei. […] Mentre la società punta a questo obiettivo  – quello di renderci  ‘normali’ – i nostri diritti umani vengono violati. Puntare alla ‘normalità’ è un obiettivo non-etico, spesso è vano, e molti resoconti di prima mano mostrano che quando viene raggiunto è ad un prezzo troppo alto pagato dalla persona autistica. […] Cambiare il comportamento usando tecniche comportamentali non è particolarmente difficile. Forse dovremmo chiederci: ‘dobbiamo cambiare il comportamento?’; ‘chi beneficerà dal cambiamento?’; e ‘stiamo per cambiare il comportamento senza aver individuato la causa che ne sta alla radice?’.»

È evidente che, una volta affermato il diritto alla neurodiversità, il diritto di ogni tipo di mente ad essere quello che è, occorre affrontare tutte le conseguenze che necessariamente ne scaturiscono. Perché un conto è una mente differente, un conto è una mente disabile. Se è vero che si può pensare ad una disabilità relativa alle richieste dell’ambiente, così che la persona x, in presenza di determinate condizioni, può vivere felicemente la propria vita, come sembra fare Shona Davison, che è anche madre di due figli a loro volta autistici, è anche vero che esistono nello Spettro, nella sua parte medio-bassa, molte persone del tutto incapaci di provvedere anche alle minime necessità della vita, e incapaci di svolgere qualsiasi riflessione su di sé, anzitutto per mancanza di parole, perché sono averbali. Si conferma ancora, per l’ennesima volta, come la vastità dello Spettro annebbi le innumerevoli differenze e gradazioni al suo interno. Ma è proprio per questo, lo dice il padre di una persona autistica averbale, che bisogna prestare la massima attenzione alle parole delle persone come Shona. La quale invoca – e come non essere d’accordo?  – un approccio critico.

Sappiamo che Ivar Lovaas negli anni Settanta applicò un intervento comportamentale che oggi definiremmo barbaro o nazista a un bambino per estinguerne i comportamenti “da femminuccia” (Rekers and Lovaas, 1974). Le analogie con la lotta della comunità gay sono fortemente sentite e messe in rilievo dagli autistici militanti. Nella sua conclusione, che pone un interrogativo molto serio, e sul quale occorre ragionare, Shona Davison scrive che «molte persone possono vedere quanto sia non-etico usare l’ABA per insegnare alle persone gay a comportarsi come gli eterosessuali. Perché la stessa cosa è ritenuta accettabile per le persone autistiche? Non ho ancora ascoltato una risposta soddisfacente a questa domanda.» Rispondete, se potete.

 

 

 


Scienza, coscienza e libertà di cura

29/11/2012

È una lettera aperta ai genitori quella che Paolo Moderato firma e pubblica nel sito dello IESCUM. La condividiamo pienamente, dalla prima all’ultima parola. I numerosi genitori che condividono la fede biomedica devono capire che applicare contemporaneamente al proprio bambino trattamenti scientifici e trattamenti para-scientifici o alternativi o non-convenzionali, ecc., privi di qualsiasi verifica metodologicamente corretta, ostacola la stessa possibilità di comprensione esatta di quel che funziona e di quanto funziona.


TEACCH e ABA

03/06/2012

In una intervista di qualche anno fa ad Adam Feinstein per la rivista Looking Up, il successore di Eric Schopler a capo della Division TEACCH, Gary Mesibov, evidenziava le differenze tra l’approccio TEACCH e l’ABA. Alcuni concetti andrebbero ampliati e puntualizzati, ma mi sembra che la sostanza sia ben delineata. Traduco due domande con le relative risposte.

Adam Feinstein: Sarebbe troppo semplicistico dire che la differenza fondamentale tra il TEAACH e l’ABA-Lovaas stia nel fatto che l’ABA si basa sul principio che il bambino deve superare i suoi caratteri autistici e adattarsi al mondo intorno a lui,  mentre il TEACCH fornisce al bambino un ambiente appositamente disegnato per venire incontro alle caratteristiche di un bambino autistico?

Gary Mesibov:  Be’, naturalmente la situazione è più complessa. Vi sono due modi di guardare ad essa. Penso che tra i due approcci vi siano due importanti differenze. La prima è filosofica: L’ABA – Lovaas e il discrete trial training lavorano sulla base dell’idea che con qualche forma di insegnamento intensivo e sistematico tu puoi acquisire un modello “normale” o neurotipico. Leggi il seguito di questo post »


Intervento su comunicazione e linguaggio

16/03/2012

Chiara ed efficace spiegazione del dott. Todone, analista del comportamento BCBA, che offre precise e utili indicazioni. A margine, noto come ancora una volta appaia una fonte di confusione (dopo l’iniziale infausta scelta di Kanner di chiamare autismo la sindrome da lui identificata, utilizzando lo stesso termine che Bleuler aveva scelto per una forma di schizofrenia, con gravi conseguenze di confusione  che arrivano ai nostri giorni). Utilizzare il termine verbale a indicare ogni comportamento comunicativo, usando un termine che ha già un preciso significato (da verbum latino che significa parola), mentre contemporaneamente si chiamano non-verbali gli autistici che non parlano e non comprendono il discorso, non può che generare confusione. Ovviamente, Todone non ha in questo alcuna responsabilità, ma è proprio l’espressione di ascendenza skinneriana verbal behavior che è originariamente ambigua. Una terminologia più chiara e priva di ambivalenze aiuterebbe la causa dell’autismo.


Genitori arrabbiati ecc. (4)

12/02/2012

di Seth Mnookin
(che ringrazio per avermi concesso di pubblicare questa traduzione)

Shannon: Seth, il passaggio da un pensiero sull’autismo basato sulla fede ad un pensiero basato sull’evidenza è germinato da due fattori, entrambi i quali hanno richiesto anni per mettere radici: le nostre stesse evidenze e i dati sull’autismo di Leo alla fine hanno soverchiato le credenze settarie  come spiego in una sezione di TPGA:

Noi abbiamo tentato di rimanere fedeli al resto del protocollo DAN!, ma siamo diventati man mano sempre più frustrati dalle incessanti raccomandazioni di nuovi integratori, nuove spese, e mancanza anche di un semplice effetto placebo. Quando i riflessi da cobra di nostro figlio per afferrare dolcetti si sono rivelati delle “sfide” alla sua dieta speciale  DAN! senza glutine e caseina, i dati forniti dall’ ABA ci hanno mostrato che le tragressioni non compromettevano la sua salute e il suo comportamento, proprio per nulla. Ho iniziato a interrogarmi sul fatto che forse mio figlio non stava facendo la cura miracolosa che ci era stata promessa. E poi c’è stata un’altra spaccatura nella corazza DAN!, quando il nostro supervisore ABA dedicò quattro mesi a mettere in relazione gli integratori DAN! ai comportamenti, e determinò che l’unica variabile che incideva apprezzabilmente su nostro figlio era il suo disturbo. Non la dieta. Non gli integratori. Abbiamo cominciato a renderci conto che dieta e integratori DAN! non incidevano su nulla tranne che sul nostro conto in banca. Abbiamo smesso di vedere il nostro dottore DAN!, gradualmente abbiamo portato nostro figlio fuori dalla dieta senza glutine e caseina, e alla fine abbiamo abbandonato tutto, ad eccezione degli integratori importanti dal punto di vista nutrizionale. Mi sa che alla fine quelli guariti siamo stati noi, non nostro figlio. Leggi il seguito di questo post »


ABA

11/01/2012

Ho creato una nuova pagina ( https://proautismo.org/aba/ ) per quello che la Linea Guida sui trattamenti dell’autismo dell’Istituto Superiore di Sanità dice su ABA (un trattamento che viene raccomandato dall’ISS). Queste pagine presentano un quadro generale dello stato della ricerca scientifica in materia. Da questa rassegna accurata emergono molti elementi interessanti e dati oggettivi, senza i quali qualsiasi discussione rischia sempre di farsi ideologica o emotivamente connotata, quando non condizionata da interessi eterogenei. Ho enfatizzato col grassetto tutti i punti che mi paiono rilevanti. E sono molti.

 


ISS su ABA (12)

06/01/2012

Variabili che modulano l’efficacia dei programmi intensivi comportamentali

Uno studio di prognosi, condotto su una coorte valutata retrospettivamente di bambini con disturbi dello spettro autistico che ricevono un intervento comportamentale individualizzato, ha indagato il rapporto tra due variabili indipendenti – l’età al momento dell’ingresso nel programma e l’intensità del programma (espressa in numero di ore/mese di intervento, rapporto 1 a 1 con l’operatore) – con la variabile dipendente “numero di obiettivi comportamentali raggiunti mensilmente” tra quelli che l’intervento si pone.
La coorte è composta da 245 bambini con disturbi dello spettro autistico (in maggioranza con diagnosi di autismo, n=227), di età media 6 anni (tra 16 mesi e 12 anni), che ricevono un intervento comportamentale individualizzato erogato da centri specialistici privati negli Stati Uniti per una media di 76,65 ore al mese (20,25-168,88, cioè massimo 42 ore a settimana).
L’età e l’intensità del trattamento mostrano una relazione lineare con l’outcome raggiunto: un incremento nelle ore di trattamento erogate e un decremento dell’età del soggetto sono predittori di un incremento nel numero di obiettivi comportamentali appresi mensilmente. Tuttavia, a seconda della fascia di età del bambino, sono identificati diversi andamenti di questa relazione:
• i bambini più piccoli (2-5 anni) mostrano la maggiore risposta all’intervento di bassa intensità e un livello di risposta simile ai bambini della fascia di età mediana (5-7 anni) all’intervento ad alta intensità; i bambini di entrambe queste fasce di età mantengono la relazione lineare tra l’incremento dell’intensità del trattamento e l’incremento proporzionale nell’outcome raggiunto.
• i bambini di età maggiore (7-12 anni) non mostrano questa relazione lineare, cioè l’incremento dell’intensità dell’intervento non determina un incremento nell’outcome raggiunto; i soggetti in questa fascia di età raggiungono una media di 17 obiettivi comportamentali al mese, indipendentemente dall’intensità dell’intervento ricevuto.
Lo studio ha alcuni limiti: considera un outcome parziale (numero di obiettivi comportamentali raggiunti), forse poco informativo rispetto al quadro clinico generale del bambino, e non prende in considerazione eventuali effetti dannosi dell’intervento e come questi possano essere in relazione con l’età e l’intensità del trattamento.
Due metanalisi con analisi di meta-regressione hanno indagato il ruolo di variabili indipendenti nel modificare l’efficacia dell’intervento EIBI, quantificando in termini di associazione statistica la correlazione tra la presenza o meno di una variabile indipendente e il modificarsi dell’entità dell’effetto osservato. Tali analisi consentono di avanzare ipotesi su quali siano le variabili predittive dell’efficacia dell’intervento, ipotesi comunque da confermare in studi futuri.
Le variabili indipendenti considerate sono quelle relative all’intervento erogato (intensità in ore a settimana, durata, presenza o assenza di training ai genitori) e quelle relative alla popolazione (caratteristiche del bambino al momento di iniziare l’intervento); le variabili dipendenti sono le misure di esito per cui sono disponibili i dati (comportamenti adattativi, QI totale, linguaggio).
I risultati degli studi non sono sempre tra loro concordi.
Per quanto riguarda la variabile “intensità del programma”:
• gli studi sono concordi nel rilevare un’associazione statisticamente positiva tra l’intensità del programma e i miglioramenti ottenuti nell’area dei comportamenti adattativi: tanto più l’intervento è intensivo, tanto più efficace sarà a confronto con l’intervento comparativo nel migliorare i comportamenti adattativi
• gli studi forniscono risultati contraddittori per quanto riguarda le abilità intellettive (QI totale): secondo uno studio l’intensità del programma non è correlata al QI totale raggiunto; secondo un altro studio l’intensità è associata positivamente con le abilità intellettive
• non si riscontra alcuna associazione statistica tra l’intensità del programma e gli esiti nel linguaggio
• non sono disponibili dati su quale dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante. Si segnala che tra gli studi inclusi in una delle metanalisi l’intensità media degli interventi erogati è compresa tra 10 e 37,5 ore a settimana (in media circa 26 ore a settimana) e che all’aumentare dell’intensità oltre le 25 ore a settimana non corrisponde un proporzionale miglioramento negli outcome. Tra i programmi di intensità inferiore a 25 ore a settimana c’è una maggiore variabilità nell’efficacia ottenuta.
Per quanto riguarda la variabile “durata del programma”:
• gli studi forniscono risultati contraddittori per quanto concerne l’effetto sui comportamenti adattativi. Secondo uno studio la durata non è correlata ai miglioramenti dei comportamenti adattativi, mentre secondo l’altro la durata è associata positivamente con i miglioramenti in quest’area
• gli studi sono concordi nel non rilevare alcuna correlazione tra la durata del programma e l’efficacia dell’intervento sul QI totale
• la durata è associata positivamente con i miglioramenti nel linguaggio.
Per quanto riguarda il training ai genitori si rileva un’associazione statisticamente positiva solo con i miglioramenti raggiunti nei comportamenti adattativi.
Le caratteristiche del bambino (età e abilità intellettive al baseline) non risultano associate ad alcun esito.
Si rileva un’associazione statisticamente positiva tra i comportamenti adattativi al baseline e il miglioramento ottenuto nei comportamenti adattativi, cioè migliore è il livello dei comportamenti adattativi al baseline migliore sarà l’esito in questa stessa area.


ISS su ABA (11)

06/01/2012

Una revisione sistematica e metanalisi che adotta i criteri metodologici della Cochrane Collaboration, aggiornata a novembre 2007, indaga l’efficacia dell’ Applied behavioral intervention (ABI) a confronto con il trattamento standard nel migliorare le abilità cognitive, linguistiche e adattative in bambini di età prescolare (da 18 mesi a 6 anni) con disturbi dello spettro autistico. Include 13 studi, tutti a disegno sperimentale (con gruppo di confronto), ma solo 4 sono RCT che entrano nella metanalisi. Questi RCT sono condotti su un campione limitato (da 23 a 28 soggetti inclusi). L’intervento sperimentale segue in tutti gli studi il modello Lovaas, erogato nel setting scolastico o a casa; la durata è compresa tra i 12 e i 36 mesi e l’intensità è tra le 30 e le 39 ore a settimana. L’intervento di confronto è un trattamento attivo: in 2 RCT si tratta di un intervento ABI di intensità ridotta, negli altri 2 RCT si tratta di un trattamento eclettico che combina TEACCH a elementi derivati dal modello ABI.
I risultati della metanalisi (4 RCT, n=76; solo 1 di questi studi è incluso anche nella metanalisi della precedente revisione sistematica) indicano che il programma ABI non dimostra una maggiore efficacia rispetto agli interventi di confronto – che però contengono tutti elementi del programma ABI – in nessuna delle 4 misure di esito valutate: abilità cognitive (SMD: 0,38; IC 95%: da -0,09 a 0, 84; I: 33,1%); linguaggio espressivo (SMD: 0,37; IC 95%: da -0,09 a 0,84; I: 47%); linguaggio ricettivo (SMD: 0,29; IC 95%: da -0,17 a 0,74; I²: 28,3%); comportamento adattativo (SMD: 0,30; IC 95%: da -0,16 a 0,77; I: 65,9%).
Un’ulteriore revisione sistematica del 2009, senza metanalisi, è condotta secondo una metodologia rigorosa ma limitata da una ricerca della letteratura aggiornata a luglio 2008 e non sufficientemente estesa (solo 2 database interrogati: Medline, PsychLit).
La revisione ha l’obiettivo di valutare l’efficacia dell’EIBI nel migliorare il funzionamento del bambino con disturbi dello spettro autistico e di accertare se questo intervento sia più efficace di altri interventi precoci, quali sono le caratteristiche dei pazienti che predicono un esito migliore del trattamento e se l’efficacia dell’EIBI varia al variare dell’intensità dell’intervento. Sono stati inclusi 16 studi (2 RCT, 9 studi di coorte, 5 studi senza gruppo di confronto).
La revisione ha permesso di identificare un pool di studi che forniscono prove scarse per qualità e coerenza dei risultati. Conseguentemente, non è possibile trarre alcuna conclusione dalla letteratura disponibile su quanto e come l’EIBI funzioni. La debolezza del metodo di ricerca degli studi inclusi (per disegno e modalità di analisi condotte) e la non coerenza tra i risultati prodotti riducono drasticamente la possibilità di utilizzare questi dati di ricerca per valutare l’efficacia dell’intervento EIBI nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico.


ISS su ABA (10)

04/01/2012

Gli studi sull’intervento ABA secondo il modello UCLA/Lovaas (14 studi, di cui 4 RCT) indicano che:
• l’intervento ABA risulta più efficace rispetto al trattamento standard o all’istruzione scolastica regolare nel migliorare il funzionamento intellettuale, la comprensione del linguaggio e le abilità comunicative, in tutti gli studi inclusi
• l’intervento ABA ad alta intensità risulta più efficace rispetto a quello a bassa intensità per quanto riguarda il funzionamento intellettuale, le abilità comunicative, i comportamenti adattativi e il quadro clinico generale. Dalla metanalisi condotta su 2 studi di coorte retrospettivi (n=173) emergono risultati significativamente migliori e di rilievo clinico per l’ABA ad alta intensità sulle misure di funzionamento intellettivo (SMD: 0,92; IC 95%: 0,61-1,24; I: 0%)
• nel confronto tra ABA ed educazione speciale si hanno risultati variabili per quanto riguarda il livello di studio individuale raggiunto: l’intervento ABA sembra ottenere un effetto maggiore nel medio termine (12 mesi), non confermato negli studi di lungo termine (3 e 9 anni, rispettivamente). Dalla metanalisi condotta su 3 studi di coorte concorrenti (n=112) emergono risultati significativamente migliori per l’ABA sulle misure di comportamenti adattativi (WMD: 11,8; IC 95%: 6,94-16,67; I: 0%), comunicazione/interazione (WMD: 16,63; IC 95%: 11,25-22,01; I2: 0%), comprensione linguistica (WMD: 12,84; IC 95%: 6,38-19,30), espressione linguistica (WMD: 15,05; IC 95%: 6,19-23,90; I2: 0%) e funzionamento intellettivo (SMD: 0,95; IC95%: 0,44-1,46; I2: 36,2%). Si rilevano anche risultati significativamente migliori per l’ABA, ma di scarso o nullo significato clinico, nelle misure di attività vita quotidiana (WMD: 5,61; IC 95%: 0,54-10,67; I2: 0%) e socializzazione (WMD: 9,17; IC 95%:
2,16-16,19; I2: 35,3%). I risultati non sono significativi nelle misure di funzionamento intellettivo non-verbale (SMD: 7,83; IC 95%: da -2,86 a 18,52; I2: 38,1%).
• non è stata rilevata alcuna differenza significativa tra gli interventi ABA e Developmental individual-difference relationship-based intervention (DIR). Dalla metanalisi non emerge alcun risultato statisticamente significativo nelle misure delle competenze comunicative (2 RCT, n=18; SMD: 0,73; IC 5%: da -0,26 a 1,72; I2: 0%).
• non è stata rilevata alcuna differenza significativa tra gli interventi ABA e Integrative/discrete trial in aggiunta a Treatment and education of autistic and related communication handicapped children (TEACCH).
I risultati sopra riportati devono essere valutati tenendo conto che 7 degli 8 studi che riportano risultati favorevoli all’intervento ABA non sono RCT. Inoltre 3 dei 4 RCT che forniscono dati sull’intervento ABA non riportano risultati significativamente favorevoli all’intervento sperimentale (dei 3 RCT in questione, 2 RCT sono quelli inclusi nella metanalisi nel confronto ABA vs DIR; il terzo, non incluso nella metanalisi, confronta due distinte modalità di erogazione dell’intervento ABA). Quindi gli studi condotti secondo un disegno randomizzato, meno esposto al rischio di bias e di sovrastima dell’effetto rispetto agli studi a disegno non RCT, non rilevano in 3 casi su 4 alcun vantaggio di efficacia per l’intervento ABA secondo il metodo Lovaas; in tutti e tre i casi si tratta di studi che confrontano l’intervento sperimentale con interventi altrettanto strutturati e intensivi (DIR oppure lo stesso ABA). (pp. 51-52)


ISS su ABA (9)

04/01/2012

Efficacia dei programmi intensivi comportamentali: revisioni sistematiche restrittive

La prima revisione sistematica di questo gruppo, con metanalisi, è stata realizzata con qualità metodologica elevata. La ricerca è aggiornata a maggio 2007, estesa a 22 database e include studi il cui disegno prevede un confronto tra gruppi (non solo RCT). Sono stati inclusi in totale 101 studi, per un campione di popolazione di 2.556 soggetti con età mediana di 62 mesi.
Il ventaglio di interventi considerati è molto ampio: dagli interventi comportamentali a quelli basati sullo sviluppo psicoevolutivo, rivolti a individui con disturbi dello spettro autistico (sia bambini sia adulti, ma gli studi sugli adulti rappresentano solo l’11% del totale degli studi inclusi). L’outcome primario è rappresentato dalle modifiche sui sintomi core del disturbo (comunicazione, interazione sociale reciproca, pattern comportamentali di interessi e attività limitati e ripetitivi).
Gli studi inclusi che indagano l’efficacia dell’ABA sono 31, per una popolazione complessiva di 770 soggetti. Tra questi studi, gli autori della revisione distinguono due gruppi: studi sul Discrete trial training e studi sull’intervento ABA (modello UCLA/Lovaas).
Per quanto riguarda gli studi sul Discrete trial training (17 studi, di cui 8 RCT) i risultati prodotti dai singoli studi non sono coerenti tra loro. Tutti i lavori che confrontano il Discrete trial training a nessun trattamento riportano miglioramenti statisticamente significativi nel gruppo trattato; gli esiti motori e funzionali sono più frequentemente positivi a favore dell’intervento sperimentale rispetto agli esiti legati al linguaggio, che sono generalmente negativi. Tutti gli studi di coorte riportano risultati significativamente migliori nel gruppo di trattamento. In conclusione, le prove sembrano sostenere l’efficacia del Discrete trial training nel migliorare le abilità motorie e funzionali, ma non quelle comunicative.


ISS su ABA (8)

04/01/2012

L’ultima revisione sistematica di questo gruppo, con metanalisi e meta-regressione, si basa su una ricerca aggiornata ad aprile 2009, condotta su 3 database (MEDLINE, PsycINFO, Cochrane Clinical Trials). Valuta l’efficacia dell’intervento ABA intensivo(almeno 10 ore a settimana) e di lungo periodo (almeno 45 settimane), secondo quanto descritto per l’intervento Comprehensive behavior-analytic intervention, nel trattamento di bambini con autismo e disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (diagnosi correttamente posta secondo criteri prestabiliti).
Il criterio di selezione posto per il disegno degli studi non è restrittivo: sono inclusi tutti gli studi (anche gli studi con confronto pre-post sullo stesso soggetto), eccetto quelli su campioni inferiori ai 5 soggetti. La metanalisi include 22 studi (di cui 13 con gruppo di confronto) per un totale di 323 bambini di età media tra 22,6 e 66,3 mesi, con diagnosi di autismo (15 studi) o di autismo e disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (7 studi).
Tutti gli studi seguono per l’intervento sperimentale il modello UCLA o ABA generale; 18 studi prevedono programmi erogati dal clinico o a scuola, 4 dai genitori; gli interventi sperimentali erogati hanno durata e intensità comprese tra 48 e 407 settimane e tra 12 e 45 ore a settimana, rispettivamente.
I risultati sono:
• per quanto riguarda il QI l’ABA, rispetto all’intervento di controllo, ottiene maggiori miglioramenti sia sul QI totale (18 studi, n=311; pooled effect size: 1,19; IC 95%: 0,91-1,47; I2: 75%) sia sul QI non verbale (10 studi, n=146; ES: 0,65; IC 95%: 0,17-1,13;
I2: 78%)
• per quanto riguarda il linguaggio l’ABA, rispetto all’intervento di controllo, ottiene maggiori miglioramenti su tutte e tre le misure di esito considerate: linguaggio ricettivo (11 studi, n=172; ES: 1,48; IC 95%: 0,96-1,97; I2: 81%) linguaggio espressivo (10 studi, n=164; ES: 1,47; IC 95%: 0,85-2,08; I2=80%) e abilità generali di linguaggio (5 studi, n=64; ES: 1,07; IC 95%: 0,34-1,79; I2: 86%).
• per quanto riguarda i comportamenti adattativi l’ABA, rispetto all’intervento di controllo, ottiene maggiori miglioramenti in tutte le aree valutate: comunicazione (11 studi, n=170; ES: 1,45; IC 95%: 1,02-1,88; I2: 68%), abilità di vita quotidiana (11 studi,n=170; ES: 0,62; IC 95%: 0,30-0,93; I2: 27%), socializzazione (11 studi, n=170; ES: 0,95; IC 95%: 0,53-1,37; I2: 66%), abilità motorie (3 studi, n=51; ES: 0,71; IC 95%: 0,19-1,22; I2: 0%) e comportamenti adattativi in generale (cioè punteggio ottenuto combinando le 4 aree analizzate, 15 studi, n=232; ES: 1,09; IC 95%: 0,70-1,47; I2: 68%).
I risultati sono gravati da elevata eterogeneità (vedi valori di I2, nella maggior parte dei casi >75%) e da publication bias.


ISS su ABA (7)

02/01/2012

 
Una revisione sistematica con metanalisi del 2010, basata su una ricerca aggiornata a dicembre 2007 e condotta su database non specificati, indaga l’efficacia del programma comportamentale Early intervention program (EIP) a confronto con qualunque tipo di trattamento eclettico, in bambini con disturbi dello spettro autistico di età inferiore a 4,5 anni al momento di iniziare il trattamento, nel migliorare le abilità intellettive, il linguaggio o i comportamenti adattativi. La revisione considera tra gli Early intervention program i trattamenti comportamentali analitici, i trattamenti comportamentali precoci, le replicazioni del programma UCLA, i programmi ABA e i programmi che replicano il modello Lovaas).
Include un totale di 14 studi a disegno sperimentale, in cui sono erogati interventi omogenei tra loro (che condividono gli stessi principi educativi e i metodi ABA); in meno del 50% dei casi i genitori ricevono il training in basic behaviour analytic strategies; l’intensità dell’intervento è in media di 27 ore a settimana e la durata media è di 32 mesi. Gli interventi di confronto sono invece eterogenei tra loro, in quanto combinano differenti approcci educativi e trattamenti.
La popolazione è composta da soggetti di età media 38 mesi, QI medio 53, punteggio medio standard alla scala del linguaggio 45, punteggio medio standard alla scala del comportamento adattivo 58.
La metanalisi è condotta secondo un approccio piuttosto conservativo (sono esclusi dall’analisi gli studi che fornivano i risultati estremi) ed è effettuata su due sottogruppi: studi giudicati di elevata qualità (3 confronti) e studi giudicati di bassa qualità (8 confronti).
I risultati sono:
• per quanto riguarda le abilità intellettive si rilevano miglioramenti di moderata entitàa favore dell’EIP in entrambi i gruppi di studi (per gli studi di alta qualità, weighted effect size, wES: 0,568; standard error, SE: 0,192; per gli studi di bassa qualità wES: 0,730; SE: 0,177)
• per quanto riguarda il linguaggio si segnalano miglioramenti a favore dell’EIP in entrambi i gruppi, ma di entità diversa: moderata nel gruppo di studi ad alta qualità (wES: 0,534; SE: 0,244); elevata nel gruppo di studi a bassa qualità (wES: 0,910; SE: 0,177);
• per quanto riguarda i comportamenti adattativi si rilevano miglioramenti a favore dell’EIP in entrambi i gruppi, ma di entità diversa: elevata nel gruppo di studi ad alta qualità (wES: 0,910; SE: 0,177); moderata nel gruppo di studi a bassa qualità (wES: 0,656; SE: 0,153). (pp. 49 – 50)


ISS su ABA (6)

01/01/2012

La seconda revisione sistematica, con metanalisi, dapprima condotta con una metodologia che presenta alcun rilevanti limiti tecnici, è stata successivamente replicata secondo strumenti metodologici più rigorosi da un altro gruppo di autori. Indaga l’efficacia dell’EIBI erogato secondo il modello Lovaas per una durata minima di 12 mesi, nel trattamento di bambini con disturbi dello spettro autistico, di età inferiore a 7 anni all’inizio del trattamento. Include 13 studi (n=373) a disegno sia sperimentale sia non sperimentale (confronto pre-post, in assenza cioè di un gruppo confronto), di cui solo 2 RCT. Dei 13 studi inclusi, 9 sono già stati inclusi in una precedente revisione, mentre 7 sono inclusi nella revisione sistematica discussa di seguito.
La metanalisi, condotta su 12 studi, indica che l’EIBI risulta significativamente più efficace nell’ottenere un miglioramento dei punteggi di QI (effect size: 0,69).
In conclusione, la revisione è poco informativa per la scarsa qualità metodologica, l’eterogeneità degli interventi messi a confronto (variazioni dell’EIBI, EIBI di intensità ridotta implementato dai genitori o dai clinici, trattamento standard, trattamento eclettico), l’inclusione di studi nella maggioranza non randomizzati, la carenza di dati (manca per esempio un dato sintetico sul QI della popolazione al baseline; gli autori riportano solo che il range di QI è tra 28 e 83).
Una revisione sistematica del 2009, con metanalisi, replica e amplia la precedente, adottando strumenti metodologici più avanzati e criteri di inclusione più selettivi (tra cui definizione dell’intervento EIBI più precisa, maggiore uniformità negli outcome), che tuttavia presenta alcune limitazioni metodologiche dovute al ridotto numero di database su cui è stata condotta la ricerca (Medline, PsychINFO, Eric). La ricerca è aggiornata a marzo 2008; sono inclusi studi il cui disegno prevede un confronto tra gruppi, non necessariamente randomizzati e in cui non necessariamente il gruppo di confronto riceve un intervento; l’intervento comportamentale EIBI deve rispondere ai criteri descritti da Green, ha una durata da 12 a 36 mesi, è rivolto a bambini con autismo o disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato di età tra 2 e 7 anni.
I gruppi di controllo ricevono interventi eterogenei per livello di strutturazione e intensità o in alcuni casi non ricevono intervento (interventi eclettici, programmi educativi generici, trattamenti standard ossia i servizi di comunità disponibili sul territorio).
La metanalisi, condotta su 9 studi (8 dei quali già inclusi in una precedente revisione), di cui un solo RCT ha dato i seguenti risultati:
• per quanto riguarda le capacità intellettive (misurate come variazione del punteggio QI) si rileva un miglioramento significativamente maggiore nel gruppo EIBI (effect size: 1,1; IC 95%: 0,87-1,33)
• per quanto riguarda i comportamenti adattativi (misurati come variazione dei punteggi alla scala ABC) si rileva un miglioramento significativamente maggiore nel gruppo EIBI (effect size: 0,66; IC 95%: 0,41-0,90).
In conclusione, i risultati supportano l’efficacia dell’EIBI nel migliorare il QI e i comportamenti adattativi; tuttavia sono di qualità modesta, poiché gravati dall’eterogeneità degli interventi somministrati ai controlli, dal fatto che prevalentemente gli studi inclusi non sono randomizzati e che la ricerca di letteratura è stata condotta su un numero limitato di database. Complessivamente l’analisi condotta è ampiamente replicata in un’altra revisione del gruppo delle revisioni sistematiche restrittive (vedi pagina 51), in grado però di fornire dati più esaustivi e di qualità metodologica superiore. (pp. 48-49)


ISS su ABA (5)

01/01/2012

 

Efficacia dei programmi intensivi comportamentali: revisioni sistematiche inclusive

La prima revisione sistematica di questo gruppo2, senza metanalisi, prende in considerazione gli studi emersi da una ricerca aggiornata a maggio 2007 e condotta su un numero limitato di database, ma tra i più rilevanti nel settore (Medline, Embase, Cochrane, Psychinfo, Cinhal, Eric); include studi il cui disegno prevede un confronto tra gruppi, non necessariamente randomizzati.
L’intervento considerato è l’Early intensive behavioral interventions (EIBI), oppure altri programmi EIBI basati sul modello del programma UCLA, erogati a casa o in un centro specialistico, non necessariamente di 40 ore a settimana, della durata minima di 12 mesi, rivolti a bambini con disturbi dello spettro autistico di età inferiore a 6 anni.
La diagnosi di disturbi dello spettro autistico è formulata nella maggioranza degli studi sulla base del giudizio clinico secondo i criteri DSM IV.
La revisione include 11 studi, di cui un solo RCT. Gli studi sono tutti di dimensione limitata, con una numerosità media del campione di 16 soggetti; l’età media dei partecipanti al momento di intraprendere lo studio è 41 mesi.
Gli interventi sperimentali sono nella maggioranza (9 studi) omogeneamente ispirati al modello Lovaas; nei restanti 2 studi i terapisti sono stati formati in varie tecniche ABA/EIBI, tra cui i programmi manualizzati di Maurice, il Discrete trial, l’ Incidental teaching e il Verbal behaviour. Gli interventi erogati al gruppo di confronto sono eterogenei: da veri e propri interventi (mediati dai genitori oppure EIBI di intensità ridotta) a interventi scolastici (scuole speciali per bambini con autismo oppure scuole pubbliche eclettiche).
Tra i limiti si segnala una grande eterogeneità tra gli studi per quanto riguarda la durata e l’intensità dell’intervento erogato (gli autori segnalano che verosimilmente i soggetti nel gruppo EIBI ricevono un numero di ore di intervento molto maggiore
ed erogato da operatori meglio formati e qualificati nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico rispetto al gruppo di controllo) e le modalità di misurazione degli esiti; questo riduce la possibilità di confrontare i risultati dei singoli studi e aumenta il rischio di ottenere risultati falsamente positivi.
I risultati per outcome sono:
• per quanto riguarda il QI 9 studi su 11 riportano un miglioramento significativo dei punteggi, con un’ampiezza dell’effect size che varia da moderata (>0,6) a larga (>0,8)
• per quanto riguarda il linguaggio i miglioramenti sono analoghi miglioramenti a quelli riportati per il QI
• per quanto riguarda i comportamenti adattativi (misurati alla scala VABS) si rilevano miglioramenti significativi a favore dell’intervento EIBI, ma di modesta entità (in media 5 punti di differenza tra i due gruppi).
Per tutti gli outcome sopra descritti, la varianza dei punteggi riportati sia nel gruppo EIBI sia nel gruppo di controllo è molto ampia e tende ad aumentare nel tempo. Questo implica la presenza di una grande variabilità individuale nella risposta al trattamento, che aumenta nel tempo.
In conclusione la forza delle prove prodotte da questa revisione è limitata per vari motivi: non è stata condotta una metanalisi; i risultati si basano su studi non randomizzati (a esclusione di uno); tra gli studi inclusi c’è un’ampia eterogeneità negli interventi, per cui l’EIBI viene confrontato con interventi diversi tra loro, ma comunque di minore qualità rispetto all’intervento sperimentale. In generale emerge un effetto medio favorevole all’EIBI, tuttavia a livello individuale c’è un’elevata eterogeneità di risposta sia nel gruppo sperimentale sia nel gruppo di controllo, che riduce il significato positivo ottenuto in termini di differenza media tra i gruppi nei punteggi misurati per i vari outcome. (pp. 47-48)


2012

31/12/2011

Mentre l’anno finisce ripeto il mio mantra: l’autismo è una questione politica. Lo è per varie ragioni, e anzitutto perché il bambino autistico di una famiglia abbiente è oggi in condizioni ben differenti da quelle di un bambino autistico di una famiglia povera: il primo può ricevere un intensivo ed efficace trattamento cognitivo-comportamentale (come ABA) pagato dai genitori, il secondo no. Questa è una forma di disuguaglianza sociale e di discriminazione assolutamente inaccettabile e che fa a pugni con la Costituzione repubblicana. Ma la politica italiana fino ad oggi di questo sembra non essersi accorta (con qualche rara lodevole eccezione). Nel contempo, la gravissima crisi economica comporta un generale calo delle risorse a disposizione, e tagli severi. Le ingiustizie e le sofferenze cresceranno, a meno che non avvenga una vera rivoluzione culturale per l’autismo. E questa, tuttavia, non si realizzerà mai finché le famiglie saranno isolate, disunite e frammentate in una miriade di piccole associazioni locali. Tuttavia, anche una piccola onlus come Autismo Treviso (che fa però capo ad Autismo Italia) può costruire un progetto significativo, che si pone come un modello praticabile: L’Orto di San Francesco.  Buon 2012!