AUTISMO COME DONO?

28/04/2019

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Fabio Brotto

AUTISMO COME DONO? Così definisce Greta Thunberg in un suo post su Facebook il 2 febbraio la propria condizione: “L’Asperger non è una malattia, è un dono”. Anche questo può far capire quanto sia profonda la voragine che divide, nel campo dell’autismo, i soggetti ad alto e altissimo funzionamento intellettivo da quelli a basso funzionamento. Greta ha una diagnosi, è nello SPETTRO dell’autismo. Come mio figlio Guido, che non parla e non comprende il discorso, ha un autismo severo, ed è all’altro capo dello stesso SPETTRO. Greta sa che lei un giorno morirà, che tutti i viventi sono mortali, che l’intero pianeta è mortale. E’ intelligentissima, e sorride raramente, nelle foto appare quasi sempre cupa, forse per l’alta consapevolezza delle cose. Guido non sa che i viventi muoiono, non sa che esiste la morte, è quasi sempre sorridente. Per lui “cambiamento climatico” è solo un suono…

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CI RISIAMO COL BOZZOLO.

18/12/2018

L'immagine può contenere: una o più persone

Fabio Brotto

Questa è una pagina del Sole 24 Ore del 9 dicembre scorso, che mi è capitato di leggere oggi. Si tratta di una inserzione pubblicitaria della Sacra Famiglia di Milano. Dove l’autismo è trattato da molto tempo, e dove operano famosi specialisti del campo, celebrità nel mondo dell’intervento comportamentale. Eppure, sì, ci risiamo. Qui si parla ancora dell’autismo in termini che definire “scientificamente poco fondati” significa trattenersi dall’usare forme di espressione più, diciamo, robuste. Cosa si legge in questa pagina dunque? Anzitutto questo, una definizione dell’autismo che da anni non sta più né in cielo né in terra ma solo nella testa di qualche psicanalista residuale: UNA IPERSENSIBILITA’ AL MONDO CHE INDUCE UNA FUGA IN UN BOZZOLO PERSONALE DENTRO IL QUALE SEMBRA IMPOSSIBILE ENTRARE. UNA GABBIA PER LUI E PER I GENITORI. Stupefacente, roba da non credere ai propri occhi. “Ipersensibilità al mondo”. Capite? Al mondo intero. Forse simile a quella di alcuni poeti malinconici e introspettivi? Ma dove siamo? Anni e decenni di scienza e ricerca sono passati invano? Ipersensibilità che “induce una fuga”. Vaghezza di concetti, termini semi-letterari che non comunicano nulla, se non un immenso problema: se la Sacra Famiglia è a questo punto, se si propone in questi termini, una quantità di tempo e di energie immisurabile è stata spesa invano, e le famiglie degli autistici hanno poco da sperare. Perché anche l’aggiunta finale, che dovrebbe essere propositiva, suona vaga e priva di sostanza, ed è del tutto incomprensibile al grosso pubblico. “Riuscire a vederlo prima, capirlo prima, comunicarlo prima, sono l’unico modo di ridurre la sofferenza”. Autismo come sofferenza, e basta? Non aggiungo parole, amen.


Un vuoto

30/07/2018

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Fabio Brotto

Seduti per il picnic, sparo a me e a Guido una foto con la macchinetta retroversa, e colgo il suo movimento continuo anche da seduto. Rivolgo in me un pensiero, con varie implicazioni: caro Guido, dopo 20 anni di vita insieme, questo di sicuro posso dire: che per me resti un essere insondabile, di cui capisco forse l’1%. Chiunque sostenesse di “capirti” (io non lo sostengo, e penso che questo si possa estendere a molti nella tua condizione di autismo a basso funzionamento) azzarderebbe un’affermazione senza senso. Si potrà forse stabilire un rapporto con te, provare dell’affetto e percepire in te qualcosa di simile all’affetto quando tu dai un bacio, ecc., ma anche quando si riesce a trovare un modus vivendi, e si conoscono un po’ le tue modalità di agire e reagire, rimane fuori quasi tutto. Rimane fuori l’essenziale per gli umani, ad esempio, qualsiasi racconto. Non…

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Un ragazzo d’oro.

17/06/2018

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Mio figlio Guido, un ventenne autistico averbale, non ha mai raccontato una storia. Nemmeno nella sua forma germinale, come “oggi sono andato a scuola”. E non ha mai potuto ascoltare una storia. La sua mente è esclusa dal regno della narrazione, escluso da una delle realtà fondamentali dell’umano. Invece Todd Aaron, il protagonista del romanzo di Eli Gottlieb Un ragazzo d’oro (Best Boy, 2015, trad. it. di A. Martinese, minimum fax 2018) non solo non è estraneo a quel regno, ma è la voce narrante della vicenda della quale è anche il protagonista.
Sono passati 41 anni dal momento in cui Todd è stato collocato dalla madre nel Payton LivingCenter, un villaggio che accoglie una popolazione mista di Cerebrolesi e Congeniti (questa la classificazione colà vigente), tra i quali molti autistici, come lo stesso Todd. Lui ora è un uomo maturo, che si è ben adattato alla vita…

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ABA fa male agli autistici?

29/04/2018

 

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Quando la parte più alta dello Spettro dell’Autismo parla, sarebbe bene ascoltarla, sempre. Ma non avviene spesso, e, cosa singolare, spesso non avviene da parte dei grandi esperti mondiali di autismo, che sono tutti neurotipici. Articoli come Does ABA harm Autistic People? di Shona Davison (che è autistica e madre di due autistici) potranno forse apparire sconcertanti a coloro che in Italia si battono per il benessere e i diritti delle persone con autismo. Mettono infatti sul banco degli accusati l’ABA (Applied behaviour analysis), cioè  quello che per molti è il principale, e di fatto l’unico disponibile trattamento scientificamente validato, o almeno quello più sicuro, che dà i migliori risultati e consente i più vistosi progressi: spesso l’unica ancora di salvezza per moltissime famiglie. Tuttavia, le tesi di Shona Davison non sono solo sue: appartengono all’ala militante della Self-Advocacy della comunità dell’autismo nei Paesi anglosassoni (dove soluzioni e problematiche emergono con anni di anticipo rispetto all’Italia). Sono tesi diffuse, e hanno un senso ben preciso. Sono state delineate anche in libri di grande successo, come NeuroTribes di Steve Silberman. Esse investono problemi generali e questioni che possono sembrare astratte e remote dalla vita quotidiana, mentre riguardano da vicino la natura stessa della nostra società e i suoi valori di fondo. Anche da questo articolo, come da una infinità di post, documenti e discorsi accessibili nel Web e prodotti da quelli che io definirò da qui in avanti autistici militanti, le persone autistiche sono concepite come una minoranza all’interno della società. Come i neri, ma soprattutto come gli omosessuali (ad alcuni dei quali, non a caso, ai suoi esordi si applicò l’ABA nell’intento di normalizzarli, ovvero di trasformarli in eterosessuali). Ogni minoranza può essere oppressa, ovvero si può usare la violenza in varie e spesso subdole forme, per normalizzarla. Si può cioè forzarla a perdere i suoi caratteri distintivi, quelli che la rendono tale qual è e vuole continuare ad essere. Gli autistici militanti non vedono l’autismo come una malattia e nemmeno come una condizione limitante, lo vedono come differenza: la persona autistica è soltanto una persona con un diverso tipo di mente. E ha il diritto di tenersela e di vivere secondo la propria natura. Di conseguenza, applicare tecniche comportamentali su un bambino autistico sperando di farlo fuoriuscire dallo Spettro  pone una grave questione etica, ampiamente sottovalutata in tutto il mondo, e in Italia totalmente ignorata (l’etica, si sa, non è il forte degli Italiani).

Alcune affermazioni di Shona Davison. «È possibile cambiare il comportamento mediante l’ABA, questo è sicuro – anche se non con l’efficacia che qualcuno pensa (vedi Dawson, 2004; Hassiotis et al., 2018, Hughes, 2008). Ma il punto non è questo. Noi dovremmo considerare se ci sia consentito cambiare il comportamento – che spesso è inoffensivo e spesso anche utile. Molto spesso il principale beneficiario del cambiamento non è la persona autistica, sono le persone intorno a lei. […] Mentre la società punta a questo obiettivo  – quello di renderci  ‘normali’ – i nostri diritti umani vengono violati. Puntare alla ‘normalità’ è un obiettivo non-etico, spesso è vano, e molti resoconti di prima mano mostrano che quando viene raggiunto è ad un prezzo troppo alto pagato dalla persona autistica. […] Cambiare il comportamento usando tecniche comportamentali non è particolarmente difficile. Forse dovremmo chiederci: ‘dobbiamo cambiare il comportamento?’; ‘chi beneficerà dal cambiamento?’; e ‘stiamo per cambiare il comportamento senza aver individuato la causa che ne sta alla radice?’.»

È evidente che, una volta affermato il diritto alla neurodiversità, il diritto di ogni tipo di mente ad essere quello che è, occorre affrontare tutte le conseguenze che necessariamente ne scaturiscono. Perché un conto è una mente differente, un conto è una mente disabile. Se è vero che si può pensare ad una disabilità relativa alle richieste dell’ambiente, così che la persona x, in presenza di determinate condizioni, può vivere felicemente la propria vita, come sembra fare Shona Davison, che è anche madre di due figli a loro volta autistici, è anche vero che esistono nello Spettro, nella sua parte medio-bassa, molte persone del tutto incapaci di provvedere anche alle minime necessità della vita, e incapaci di svolgere qualsiasi riflessione su di sé, anzitutto per mancanza di parole, perché sono averbali. Si conferma ancora, per l’ennesima volta, come la vastità dello Spettro annebbi le innumerevoli differenze e gradazioni al suo interno. Ma è proprio per questo, lo dice il padre di una persona autistica averbale, che bisogna prestare la massima attenzione alle parole delle persone come Shona. La quale invoca – e come non essere d’accordo?  – un approccio critico.

Sappiamo che Ivar Lovaas negli anni Settanta applicò un intervento comportamentale che oggi definiremmo barbaro o nazista a un bambino per estinguerne i comportamenti “da femminuccia” (Rekers and Lovaas, 1974). Le analogie con la lotta della comunità gay sono fortemente sentite e messe in rilievo dagli autistici militanti. Nella sua conclusione, che pone un interrogativo molto serio, e sul quale occorre ragionare, Shona Davison scrive che «molte persone possono vedere quanto sia non-etico usare l’ABA per insegnare alle persone gay a comportarsi come gli eterosessuali. Perché la stessa cosa è ritenuta accettabile per le persone autistiche? Non ho ancora ascoltato una risposta soddisfacente a questa domanda.» Rispondete, se potete.

 

 

 


La nebbia blu di Nicoletti

03/04/2018

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nicoletti_1216Io figlio di mio figlio si intitola l’ultimo libro di Gianluca Nicoletti (Mondadori 2018). Parla di autismo, dell’autismo di suo figlio, del rapporto di lui padre col figlio. Un libro va promosso, perché oggi prima di tutto è una merce. Per promuoverlo, e distinguerlo nella messe crescente di libri che narrano, più o meno bene, storie di autismo, bisogna sparare qualche fuoco di artificio, bisogna smuovere un poco le acque. Questo è pane per il vulcanico Nicoletti, giornalista e conduttore di fortunate trasmissioni radiofoniche. Trovata: fare coming out e comunicare all’universo mondo che lui stesso si è fatto esaminare, ora ha una diagnosi, e risulta essere affetto da sindrome di Asperger: una tipologia di autismo, questa, che si accoppia benissimo ad un carattere bizzarro e ad una intelligenza spiccata, a rapporti personali sofferti come ad una carriera brillante e ricca di soddisfazioni e denaro. Cervelli ribelli, definisce così…

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Addio, Theo Peeters

05/03/2018

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Tristissima notizia, quella della morte di Theo Peeters. Si è spenta ieri una delle luci che hanno illuminato l’autismo, facendolo vedere in tutta la sua varietà e complessità, con un approccio scientifico e insieme umanistico. Peeters si era laureato in lettere e filosofia, e aveva conseguito un master in neurolinguistica e un altro in comunicazione umana. La sua formazione gli ha consentito di vedere quello che molti altri nel campo dell’autismo non vedevano e non vedono. I suoi libri sono pietre miliari. Ho avuto modo di incontrarlo un paio di volte, e di ascoltarlo. Un caposcuola e un maestro. Una perdita gravissima.

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La porta nella roccia dell’autismo

24/03/2017

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In questi giorni che precedono il due aprile, giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, ho cercato a lungo un’immagine che potesse visibilmente incarnare la situazione reale, e non illusoria e immaginaria, in cui versa la mia famiglia con un ragazzo autistico a basso funzionamento, e in cui versano numerose altre famiglie che vivono la stessa esperienza. Ho trovato questa immagine, potentissima, in un quadro di Karl Friedrich Schinkel , del 1818. Si intitola La porta nella roccia, e mostra un gruppo di tre persone con due muli che stanno salendo a fatica per una stretta via tortuosa verso un portale immenso. Sembra quasi di avvertire un vento gelido che esce dal quadro. Cosa ci sarà oltre quel portale, cui si giunge dopo aver corso pericoli e speso energie a dismisura lungo una strada infinitamente lunga? Che destino attenderà i viaggiatori? Ci sarà ristoro o un’altra infinita via? È una…

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NeuroTribù

28/01/2017

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cover_neurotribes_silberman400rgb72Una prima nota sul libro di Steve Silberman NeuroTribes, uscito in Italia col titolo NeuroTribù nella traduzione di C. Mangione (Edizioni LSWR, Milano 2006) si può leggere qui. Il corposo libro di Silberman andrebbe letto in parallelo con l’altrettanto corposo In A Different Key di John Donvan e Caren Zucker (una nota qui). Entrambi sono scritti bene, hanno quel piglio narrativo che contraddistingue anche la divulgazione scientifica anglosassone, e condividono nella sostanza una lettura progressiva e scientifica della questione autismo. Il lavoro di Silberman, tuttavia, presenta una coloritura particolare, la cui origine e natura mi è parsa del tutto chiara solo quando stavo per chiudere il libro. Nei Ringraziamenti infatti si legge “Questo libro non sarebbe mai stato scritto senza l’incoraggiamento, il sostegno e la pazienza di mio marito Keith  Karraker (…)”. Sulle prime ho pensato ad un errore, ma poi ho visto sul risvolto di copertina, sotto…

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Disabilità e potere politico

23/11/2016

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L’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), attualmente l’unica associazione nazionale del settore, fa uscire questo comunicato, che mi pare il caso di commentare.

Le associazioni come Angsa sono apolitiche e apartitiche ma dati i risultati ottenuti per L’autismo noi stiamo con il SI
Le associazioni maggiormente rappresentative nel campo dell’autismo non possono dimenticare i grandi risultati raggiunti con la legge 134/2016, i nuovi Lea e la istituzione della Fondazione Italiana per promuovere la ricerca. Pur nel pieno rispetto dei propri dettami statutari che impongono equidistanza e imparzialità politica, le associazioni riconoscono all’attuale Governo il buon lavoro svolto sui diritti delle persone con autismo e delle loro famiglie e attendono con fiducia il completamento dello stesso, attraverso la revisione della Linea Guida, di Indirizzo e dei regolamenti , che consentiranno di rendere fruibili, ed in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, i servizi previsti.
In ragione di tutto ciò…

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Contro Autism Speaks

26/10/2016

sparrow_edgedQuesto articolo di Unstrange Mind (pseudonimo di Sparrow Rose Jones), di cui pubblico qui la traduzione, mi pare molto importante per più di un motivo. Anzitutto perché, denunciando e smascherando i veri scopi dell’azione di Autism Speaks, una delle più note organizzazioni che nel mondo si occupano di autismo, espone i pericoli che siffatti organismi spesso rappresentano per le cause che dovrebbero promuovere, soprattutto nel momento in cui la raccolta fondi si impone attraverso campagne mediatiche e tende a divenire la ragion stessa di essere dell’organizzazione. Della serie non tutto è oro quel che luccica. E in Autism Speaks tutto luccica, e forse anche nella nostra penisola non mancano associazioni e fondazioni in cui lo scintillìo superficiale copre l’inconsistenza dell’azione e il prevalere delle ragioni del mero fundraising. Ma, in secondo luogo, l’articolo è importante perché Unstrange Mind, una persona che è, come si usa dire oggi, nello spettro dell’autismo, mette in luce un cuore di tenebra che si annida sotto la veste scintillante di Autism Speaks: l’autismo concepito come nemico da eradicare, da annientare, per cui ricercare non più cure, ma soluzioni: finali. E, in terzo luogo, perché questa donna e scrittrice autistica mette in evidenza la questione del diritto degli autistici a vedere rispettata la loro propria identità, che è una identità autistica. Questo testo mi conferma nella mia vecchia idea che l’autismo è anzitutto un problema non tanto medico-scientifico (lo è, ma non in prima istanza), quanto primariamente filosofico-politico. La domanda di fondo qui è: dove si pone il limite, se c’è, che separa l’ambito in cui è etico e lecito un intervento (di qualsiasi tipo e natura) volto a modificare una persona senza il suo consenso da quello in cui questo intervento di modifica e alterazione della persona – nel senso di renderla altra da quella che è – non è lecito?
La requisitoria di Unstrange Mind contro Autism Speaks è vibrante, efficace e convincente. Le sue parole andrebbero meditate da tutti coloro che, anche in Italia, si occupano di autismo. (Fabio Brotto)

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Non vi può essere sfuggito: l’annuncio che Autism Speaks ha eliminato dalla sua mission la parola cura è dovunque. Questa eliminazione è stata lodata come se rappresentasse un cambiamento epocale nell’approccio dell’organizzazione all’autismo, e come un segno che Autism Speaks sta iniziando a dare ascolto agli attivisti che per tanto tempo hanno respinto la mentalità della cura e richiesto ad Autism Speaks di fare altrettanto.
Solo che non c’è stato alcun cambiamento epocale, anzi: non c’è stato alcun cambiamento. Autism Speaks non ha cambiato nulla, se non il modo di esprimersi.
Guardiamo come enunciano la loro missione. L’atteggiamento mentale della cura è ancora al centro di tutto.

Autism Speaks è impegnata a promuovere soluzioni, ad ogni livello dello spettro e per tutta la durata della vita, per i bisogni degli individui con autismo e delle loro famiglie mediante patrocinio e supporto, incrementando la comprensione e l’accettazione del disturbo dello spettro autistico e portando avanti la ricerca sulle cause e sui migliori interventi per il disturbo dello spettro autistico e le condizioni relative.
Autism Speaks migliora le vite oggi, e sta promuovendo uno spettro di soluzioni per il domani.(https://www.autismspeaks.org/about-us/mission)

Permettetemi di spacchettare questa nuova scintillante espressione di intenti.
Ora Autism Speaks al posto di cure sta promuovendo soluzioni. E tuttavia una delle loro definizioni di soluzioni non solo è sinonimo di ciò che oggi si intende per cura, ma con la nuova terminologia è anche più agghiacciante. Ma sto anticipando troppo: vedrete in seguito cosa intendo dire.
Cura era linguaggio in codice — qualcosa come un fischietto per cani, perché è un linguaggio che si intende comprensibile a fondo solo da certe persone, proprio come i fischietti per i cani possono essere uditi solo da certe orecchie. Alla maggioranza delle persone cura suona bene. Quando senti la parola cura, tu naturalmente pensi ad un sollievo alla sofferenza. Pensi ad una cura per il cancro. Pensi ad una cura per il raffreddore. Tu pensi a scienziati umanitari dal cuore gentile che trovano modi per attenuare lo sconforto e allontanare la morte. Chi mai potrebbe essere contro una cura? Le cure sono un bene, e rendono le persone più sane e più felici.
Ma come apparirebbe una cura per l’autismo?
L’autismo è una differenza nella struttura e nel funzionamento del cervello. Tutte le differenze comportamentali che tu vedi, tutte le differenze nella percezione che noi sperimentiamo, dipendono da differenze nella struttura e nel funzionamento neurologico. Il cervello è la sede delle nostre identità umane individuali. Il possesso di un cervello autistico è l’autismo. Curare l’autismo significherebbe modificare i nostri cervelli. Forse questo potrebbe essere realizzato con molta attenzione, e qualcuno potrebbe curare il dolore e la nausea che io provo quando odo certi suoni senza rimuovere le parti musicali del mio cervello. Forse io potrei essere curata al punto di poter ascoltare il canto di un soprano senza che il mio intero corpo tremi per il dolore: ma se lo avessero fatto quando ero piccolissima, sarei stata in grado di leggere la musica a 4 anni, e di suonare al piano le sonate di Chopin e di comporre musica mia? Forse.
Forse io potrei essere curata in un modo così preciso e attento da non perdere regolarmente la capacità di parlare. Sarebbe bello essere liberata dalla necessità di dovere in alcune occasioni ricorrere alla tastiera per comunicare. Perché la gente quando io posso comunicare solo scrivendo non dimostra molta pazienza : mi inondano di parole, ignorano quello che gli ho risposto, mi fanno cinque nuove domande mentre io sto ancora scrivendo per rispondere alla prima, mi sovraccaricano e mi sopraffanno. Forse potrei essere curata in modo tale da non perdere mai più la parola senza contemporaneamente rimuovere quelle parti del mio cervello che mi rendono una scrittrice dotata. E io sono così brava con la parola scritta perché questa è il mio primo linguaggio, e la parola parlata per me è il secondo. Forse potrei essere curata in modo tale che la mia capacità di parlare rimanesse costante, senza perdere le mie doti di scrittrice. Che cosa sarei io se non fossi una scrittrice? Produrre parole scritte è una parte così profonda della mia identità personale. Chiunque mi abbia incontrata, mi abbia ascoltata, abbia visto i miei video su You Tube, sa che io parlo bene, ma scrivo molto meglio. Forse il mio mutismo intermittente potrebbe essere curato senza distruggere la mia scrittura. Forse.

Riuscite a vedere dove vi sto portando, vero? In realtà, per l’autismo non c’è nessuna cura. Una volta che i collegamenti nel mio cervello sono stati ordinati in questo modo, la traiettoria della mia vita si è orientata in modo divergente dalla maggior parte delle traiettorie intorno a me. Una volta che i collegamenti nel mio cervello sono stati disposti in una configurazione autistica, una cura potrebbe solo significare districare i miei neuroni e riassemblarli differentemente. Curare il mio autismo significherebbe del tutto letteralmente darmi una mente differente. E darmi una mente differente significherebbe quasi letteralmente cancellare quella che sono. Una cura per una persona autistica vivente è impossibile, perché quando tu operi dei cambiamenti così grandi nel cervello di una persona tu non la curi: tu la rimuovi e la rimpiazzi con una persona differente, che potrebbe (o potrebbe non) condividere i suoi ricordi. Se vi piace la fantascienza, leggete il romanzo di Elizabeth Moon The Speed of Dark, per avere un esempio sinistramente realistico di quel che potrebbe proporsi come cura dell’autismo.

Così ora sento che ci sono persone che lodano Autism Speaks perché ha rimosso la parola cura dalla sua missione. Ma c’è stato un cambiamento reale? Guardiamo la loro parola nuova, soluzione, e vedremo perché questa mi spaventa molto più della cura. « Autism Speaks è impegnata a promuovere soluzioni »… dunque andiamo a vedere dove vanno a parare.

1. ad ogni livello dello spettro
2. per tutta la durata della vita
3. per i bisogni degli individui con autismo
4. per loro famiglie
5. mediante patrocinio e supporto
6. incrementare la comprensione e l’accettazione del disturbo dello spettro autistico
7. portare avanti la ricerca sulle cause del disturbo dello spettro autistico e delle condizioni relative.
8. portare avanti la ricerca sui migliori interventi per il disturbo dello spettro autistico e delle condizioni relative.

Ed ecco qua la vecchia missione, per un confronto:
« Noi siamo impegnati nel finanziamento della ricerca biomedica globale sulle cause, la prevenzione e la possibilità di cura dell’autismo. Noi ci sforziamo di destare una consapevolezza pubblica dell’autismo e dei suoi effetti sugli individui, le famiglie e la società. Noi lavoriamo per portare speranza a tutti quelli che debbono confrontarsi con le difficoltà create dal disturbo. »

1. Ad ogni livello dello spettro

Se queste parole significano davvero quello che dicono, questo sarebbe un cambiamento epocale veramente degno di essere pubblicizzato al massimo. Io sono sospettosa di tutta questa attenzione sulla rimozione della parola cura, quando ad ogni livello dello spettro rappresenta un cambiamento molto più grande. Perché nessuno parla di questo?
Per anni, a quelli di noi autistici che potevano comunicare usando parole, parlate o scritte, si è imposto di stare seduti e zitti. Autism Speaks non stava parlando di noi, ci si diceva. Autism Speaks stava parlando solo di quei poveri sfortunati che non potevano parlare per se stessi. Sicuramente contavano anche noi tutte le volte che Autism Speaks voleva comunicare quanti erano i milioni di autistici per aiutare i quali l’organizzazione doveva raccogliere fondi. Loro volevano soltanto che ci lasciassimo contare come corpi caldi per i loro propositi di raccolta fondi. Volevano che noi fossimo soltanto corpi caldi e silenziosi. Silenzio, autistici! Non ostacolateci mentre ci diamo da fare per aiutarvi!
Se Autism Speaks intende davvero offrire soluzioni ad ogni livello dello spettro, dovrebbe guardare a quanti di noi sono senza casa e soffrono la fame. Dovrebbe guardare a quanti di noi scivolano attraverso le falle dei servizi perché là per noi non c’è niente. Dovrebbero occuparsi di fare in modo che le università dispongano tutti gli accomodamenti necessari perché gli studenti autistici vi possano vivere e studiare bene. Ci sono tra gli autistici immensi bisogni senza risposte, di cui tradizionalmente Autism Speaks ha imposto di non parlare. Se ora noi siamo realmente parte della loro missione, su questo punto faranno bene? O quelle parole sono state designate per chiuderci la bocca ancora una volta? « Ecco, vi abbiamo menzionato nella nostra missione. Adesso seduti e zitti. »

Metti i tuoi denari dove è la tua bocca, Autism Speaks! E con questo non intendo quel 1.167.786 di dollari speso in catering.
Quelli di Autism Speaks, mettendo diverse categorie nei suoi grafici a torta, amano farci pensare che stanno fornendo un sacco di supporto finanziario diretto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Ci hanno detto di spendere 24 milioni di dollari per « servizi alle famiglie, campagne di sensibilizzazione e difesa » perché questa formulazione nasconde i settori specifici. Nasconde l’effettivo ammontare della spesa per i servizi alle famiglie: 4,6 milioni, contro la somma che è andata in pubblicità: 52 milioni. Nasconde quanta di quella pubblicità, sensibilizzazione e difesa sia stata spesa nella promozione di programmi come MSSNG, che insegna al mondo che negli autistici ci sono pezzi mancanti. Notate quello che hanno scelto di lasciar fuori dalla parola MISSING: noi autistici perdiamo la « I » – l’identità, l’umanità, l’Io.

E quali sarebbero i pezzi mancanti che il MSSNG sta scoprendo? Autism Speaks sta sequenziando migliaia di genomi. « Le migliori menti della ricerca si accingono a esplorare questo database di DNA affinché noi possiamo scoprire e comprendere i diversi sottotipi dell’autismo. Successivamente potremo lavorare nello sviluppo di trattamenti e terapie personalizzati, al fine di migliorare la qualità della vita per tante persone che hanno bisogno di aiuto. » – Liz Feld, Presidente di Autism Speaks.

Trattamenti e terapie personalizzati? Sarebbero splendide notizie per tutti, autistici e non, se questo fosse quello che realmente stanno facendo. Un terzo degli autistici soffre di epilessia, così tutte le persone epilettiche saranno contente perché questi trattamenti personalizzati potranno aiutare anche loro. Come anche tre quarti degli autistici soffrono di disturbi del sonno clinicamente rilevanti, e questo significa che quel 25% della popolazione generale con disturbi del sonno esulterà perché questi trattamenti personalizzati potranno aiutare anche loro. Se il MSSNG sta realmente facendo quello che dice, il mondo intero si feliciterà, perché le cose di cui soffriamo noi autistici non riguardano esclusivamente l’autismo. Ogni trattamento o terapia personalizzati sulla nostra genetica aiuterà migliaia di non-autistici che soffrono degli stessi problemi.

Solo che io non sono tanto convinta. Che cosa state sviluppando, voi di Autism Speaks? Potrò essere sottoposta ad un test genetico e quindi ricevere trattamenti mirati per i problemi digestivi, il disturbo neurologico del ritmo circadiano del sonno, la disprassia, l’ansia, il disturbo del tessuto connettivo, che sono gli autostoppisti genetici che mi sono saliti a bordo, i compagni di viaggio della mia genetica autistica? Sarebbe un sogno che diventa realtà — non solo per me, ma per milioni di altre persone di tutti i profili neurologici che anche loro soffrono queste condizioni e potrebbero condividere la stessa particolare genetica legata ad esse.
Io penso piuttosto che il MSSNG sia parte di quella mentalità della cura che Autism Speaks sostiene di avere scartato cambiando la terminologia della sua missione. Penso che il MSSNG sia indirizzato a individuare l’autismo fin nell’utero materno. E penso che il MSSNG sia indirizzato ad una soluzione per l’autismo… Io penso che il MSSNG sia indirizzato a rendere i futuri bambini autistici tanto mancanti quanto quello stimato 80% di bambini con sindrome di Down che vengono abortiti, grazie ai test genetici.

Dimostratemi che mi sbaglio. Aggiustatemi la digestione e il tessuto connettivo e il mio sonno, che sono messi assai male. Per favore, dimostratemi che sbaglio. Io faccio parte di quello spettro di cui ora dite che intendete occuparvi nella sua interezza. Mostratemi le soluzioni.

2. Per tutta la durata della vita

Questo è un altro « ci crederò quando lo vedrò ». Ancora oggi il mondo intero quando parla di autismo pensa ai bambini. Lo pensa così tanto che noi non cresciamo neppure davvero, diventiamo bambini adulti. Se ora Autism Speaks si dedica davvero alle soluzioni per l’intero corso della vita, bisogna che si cominci a vedere più spesso la parola adulto. Da solo, come sostantivo. Non come un aggettivo a modificare il sostantivo bambino. Noi cresciamo e abbiamo bisogno di aiuto.

Cosa farete per quel 10% di adulti autistici che incappano nel sistema penale? Cosa farete per quel 10% di adulti autistici che finiscono senza casa? Che cosa farete per quegli adulti autistici che sono giudicati a funzionamento troppo alto per ottenere servizi, ma a funzionamento troppo basso per essere aiutati dalla Vocational Rehabilitation? Che cosa farete per tutti quegli adulti autistici che languiscono nelle strutture di lavoro protetto perché nessuno si preoccupa di loro abbastanza da aiutarli ad entrare nella forza lavoro principale con stipendi reali? Cosa farete per gli adulti autistici che sono stati chiusi in istituti, e che con adeguati supporti potrebbero vivere autonomamente all’interno della comunità?

Autism Speaks, voi state succhiando un sacco di soldi dalle comunità locali, al ritmo di 122 milioni di dollari all’anno, e in servizi effettivi ne restituite solo 4. Voi potete cambiare fin che volete la terminologia della vostra missione, ma finché non inizierete ad aiutare le migliaia di adulti autistici che sono senza casa, affamati, o in galera, perché per loro non c’era nessun posto dove rifugiarsi e nessun servizio disponibile (perché per aiutarli non c’erano soldi, dal momento che erano finiti tutti ad Autism Speaks), fino ad allora la nuova formula della vostra missione non sarà nient’altro che parole, aventi il solo fine di intimare a voce più alta e con maggior elganza il solito « seduti e zitti! » a quelle fastidiose persone con autismo che hanno realmente bisogno di quell’aiuto che voi amate sostenere di essere impegnati a fornirgli.

3. Per i bisogni degli individui con autismo

Oh, sì, per i nostri bisogni.
Noi abbiamo bisogno di scuole accoglienti, dall’asilo all’università. Abbiamo bisogno di supporti e di adeguata sistemazione per poter frequentare la scuola dentro la comunità, non in segregazione. Abbiamo bisogno di programmi basati sulla comprensione del fatto che i nostri bisogni accademici e quelli sociali possono stare su livelli radicalmente differenti, e che bisogna guardare ad entrambi, altrimenti sarà un fallimento per noi e, per estensione, per l’intera società. Abbiamo bisogno che di noi si parli in termini rispettosi, certo non definendoci uno tsunami o un fattore di crisi della sanità pubblica. Abbiamo bisogno che non si paragonino i nostri cervelli al cancro, all’AIDS e al diabete. Che non ci si chiami una malattia. Di non essere rappresentati come una minaccia incombente di distruzione delle famiglie, della società, dell’economia e di tutta la civiltà.
Abbiamo bisogno di un reale accesso alle cure mediche, che le nostre comorbilità non vengano accantonate con un « è solo un aspetto dell’autismo », abbiamo bisogno di non essere sottoposti a trattamenti ciarlataneschi, come clisteri di candeggina, chelazione o vermi. Abbiamo bisogno di professionisti della medicina che si prendano il tempo necessario per comprendere quali siano le barriere che ci impediscono l’accesso ai servizi sanitari e lavorino insieme a noi per superarle. Abbiamo bisogno che si capisca che il fatto di possedere la comunicazione verbale non cancella automaticamente le nostre necessità di supporto, e abbiamo bisogno che si capisca che non avere la comunicazione verbale non cancella automaticamente ogni nostra intelligenza e autonomia.
Abbiamo bisogno di spazi sicuri dove vivere, accesso alle persone che amiamo, adeguato cibo sano da mangiare. Abbiamo bisogno di non essere isolati dalla comunità. Abbiamo bisogno che non si invada la nostra autonomia. Abbiamo bisogno che si aiutino a trovare un impiego quelli di noi che possono lavorare, e che si dia supporto finanziario a quelli di noi che non possono. Tutti noi abbiamo bisogno di supporto per le attività della vita quotidiana, e abbiamo bisogno che questi nostri bisogni di supporto siano riconosciuti, e rispettati anche se possono sembrare differenti da una persona all’altra.
Questo è soltanto per iniziare. Potete seguire questa linea guida, voi di Autism Speaks? Ora è nella vostra missione. Noi stiamo aspettando.

4. Per loro famiglie

La cosa di cui le nostre famiglie hanno più bisogno è di vedere che ci si prende cura di noi. I nostri genitori hanno bisogno di quella pace interiore che deriva dalla consapevolezza che quando loro non ci saranno più noi saremo al sicuro. Le nostre famiglie hanno bisogno di vedere che veniamo educati appropriatamente. Le nostre famiglie hanno bisogno di un livello di comprensione sociale dell’autismo tale da non essere tormentate dai vicini del condominio a cui la nostra presenza dà fastidio, tale che i nostri genitori possano andare a fare shopping o al ristorante insieme a noi senza essere giudicati cattivi educatori, tale che possano eventualmente pagare una persona competente che ci vigili in casa senza spendere una fortuna. Il fatto di presentarci come un peso terribile non aiuta le nostre famiglie. Definirci un elemento di crisi della sanità pubblica non aiuta le nostre famiglie. Incoraggiare terapie traumatizzanti che creano in noi problemi di ansia e disturbi post-traumatici non aiuta le nostre famiglie.

5. Mediante patrocinio e supporto

Sì, ma qual è il genere di patrocinio e supporto che avete in mente? Non abbiamo più bisogno di quel tipo di patrocinio e supporto che appare nel video intitolato I Am Autism. Non abbiamo bisogno che ci si dica che noi siamo MSSNG (su quelle due I che mancano stanno stendendo una cortina fumogena). Non abbiamo bisogno che ci si chiami uno tsunami, oppure lebbrosi, o che ci si dica che siamo puri e innocenti perché non diamo valore al denaro. (Potrei mostrarvi un gran numero di adulti autistici che si interessano spaventosamente ai soldi perché non ne hanno abbastanza per pagare l’affitto).
Come intendete patrocinarci, ora? Il vostro supporto sta per cambiare? State per spendere di più di quel miserabile 3% dei vostri introiti che attualmente erogate in servizi per noi e per le nostre famiglie? Le persone che con tanta passione dedicano volontariamente il loro tempo e le loro risorse per organizzare le vostre manifestazioni per raccolta fondi lo sanno che per ogni dollaro che raccolgono solo tre centesimi tornano effettivamente alla comunità?
Perché si possa prendere sul serio questa vostra nuova missione, cari amici di Autism Speaks, voi dovrete fare molto meglio di quanto abbiate fatto finora nel campo del patrocinio e del supporto. Dove sono le vostre soluzioni che vengono mediante il patrocinio e il supporto? Che cosa state progettando di risolvere?

6. Incrementare la comprensione e l’accettazione del disturbo dello spettro autistico

Questo è il punto in cui le vostre soluzioni cominciano a suonare come qualcosa di più che parole alla moda, amici di Autism Speaks. Voi vi siete attaccati alla parola accettazione senza comprendere il suo significato. Io so che non lo comprendete, altrimenti, se aveste compreso il significato reale di accettazione, non l’avreste mai elencata tra le vostre soluzioni.
Sì, noi per anni abbiamo invocato accettazione. Abbiamo richiesto accettazione per gli autistici! E voi ora invocate accettazione per il disturbo dello spettro autistico? Seriamente?
Acettare gli autistici significa accettare il fatto che spesso il nostro aspetto e la nostra voce e le nostre preferenze sono diversi da quelli delle altre persone, ma nondimeno noi meritiamo altrettanta dignità e altrettanto rispetto. Accettare gli autistici vuol dire lavorare con le nostre forme di forza e di debolezza per aiutarci a trovare la nostra strada in questo mondo cangiante e caotico. Accettare gli autistici significa lasciarci un posto a tavola. Noi meritiamo di vivere indipendentemente dentro la comunità, con tutti i supporti necessari per questo. Noi meritiamo un’opportunità di lavoro, di istruzione, di avere una famiglia, di costruirci una vita piena di senso — di senso secondo la nostra prospettiva e i nostri bisogni e desideri, non piena di senso secondo il vostro giudizio, la vostra idea di come noi dovremmo vivere.
Voi richiedete accettazione per il disturbo dello spettro autistico. Ma che cosa significa? Come potrebbe aiutarci? Noi siamo differenti e disabili ma non disturbati, e non ci serve che voi accettiate un disturbo: ci serve che voi accettiate noi. Se avete delle soluzioni reali, devono riguardare l’accettazione di noi come persone, non l’accettazione di un disturbo.

7. Portare avanti la ricerca sulle cause del disturbo dello spettro autistico e delle condizioni relative

Qui! Qui! Qui! Il punto è proprio qui! Ecco il motivo per cui la vostra nuova missione è molto più terrificante che la ricerca di una cura. Qui si vede perché la vostra enfasi sulle soluzioni è così agghiacciante per me! Volete studiare le cause dell’autismo? Vi dedicate alla promozione di soluzioni legate alla scoperta delle cause dell’autismo??? E se voi trovaste quello che causa l’autismo, che soluzione progettereste? Perché nella mia testa ogni volta che io penso alle vostre soluzioni per le cause dell’autismo risuona la parola finale? Questo è il motivo per cui non mi fido della vostra nuova scintillante missione. Questa missione è per ogni aspetto tanto radicata nella mentalità della cura quanto lo era la precedente. Questa è solo un fischietto da cani per il test pre-natale e il successivo aborto degli autistici. Per questo io leggo la vostra nuova missione e vedo ancora una immensa organizzazione che drena tutti i soldi dalle comunità locali — soldi che avrebbero potuto aiutare noi, le nostre famiglie, le nostre scuole, le nostre aspirazioni, il nostro futuro — e usa quei soldi per ricercare il modo di ucciderci prima della nascita.
Per questo io dico che voi non avete cambiato un accidenti di niente. Avete soltanto passato una mano di vernice fresca sopra la stessa terrificante agenda eugenetica che avete sempre avuto, amici di Autism Speaks. Vi siete limitati a rimuovere cura dalla vostra missione. Non avete rimosso l’odio verso la nostra esistenza. Potrete aver tratto in inganno altre persone, non me.

8. Portare avanti la ricerca sui migliori interventi per il disturbo dello spettro autistico e delle condizioni relative

Ecco il nuovo tormento: uguale al vecchio. Si tratta di migliori interventi che ci strappano via più efficacemente la nostra autonomia, lasciandoci ancora più vulnerabili ai predatori? O è un supporto ulteriore per centri di trattamento che usano su di noi l’elettroshock? O sono i migliori interventi che anzitutto mirano a prevenire la nostra nascita?
No, grazie, Autism Speaks. Per me voi dovete fare di più che elaborare qualche slogan perché ci possiamo fidare di voi. Davvero, io penso di essere d’accordo con quei miei amici che hanno detto che la sola cosa che dovreste fare per ottenere la nostra fiducia a questo punto è smantellare la vostra organizzazione e donare tutto il vostro denaro ad altre organizzazioni che siano guidate da autistici e facciano il vero lavoro di rendere migliori le nostre vite qui e ora.
A chi importa quale sia la causa dell’autismo? Che bene fa agli autistici apprendere perché esistono come tali? Tutti noi riceviamo servizi gravemente insufficienti — tutti noi ad ogni livello dello spettro e per tutta la durata della vita oggi non riceviamo quanto ci necessita per vivere bene, e voi raccogliete soldi e impegno di volontari che potrebbero aiutare a colmare i vuoti, e li gettate in una ricerca mirata ad annientarci.
No. Non avete cambiato un accidenti di niente. Io continuo a non fidarmi di voi. E nemmeno dei vostri sostenitori.
E tutte le missioni più attentamente articolate del mondo non basteranno a cambiar questa realtà.

1. https://www.autismspeaks.org/sites/default/files/docs/final_autism_speaks_2014_28229.pdf
2. https://www.autismspeaks.org/sites/default/files/docs/annual_report_9-11.pdf
3. https://www.autismspeaks.org/science/science-news/autism-speaks-launches-mssng-groundbreaking-genome-sequencing-program
Media Representation, political


Basso funzionamento di chi?

16/10/2016

Autism risk may originate in stretches of uniquely human DNA | Spectrum

07/10/2016

Mutations in certain newly evolved stretches of the genome may play a role in autism, although some experts are skeptical of this theory.

Source: Autism risk may originate in stretches of uniquely human DNA | Spectrum


Obstative Autism

30/09/2016

Brotture

ostatIn questo libro, il prof. Hans Lunpenprol, del dipartimento di psicologia della Grousehunting University del Maine, elabora la categoria di autismo ostativo, sotto la quale comprende, in ordine di gravità, le forme di autismo in cui i familiari della persona autistica sono impediti in parte o del tutto nello svolgimento delle loro attività, non tanto per un atteggiamento di volta in volta oppositivo dell’autistico stesso a questo o quello, ma per la stessa natura della forma di autismo in questione, che impedisce quasi tutto quello che non sia sorveglianza, assistenza e cura del familiare autistico, e blocca la famiglia in una condizione di stress permanente, e ai suoi membri impedisce una qualsiasi realizzazione personale .

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Autismo ideologia

25/09/2016