Genitori arrabbiati ecc. (3)

 

di Seth Mnookin
(che ringrazio per avermi concesso di pubblicare questa traduzione)

Todd: Credo che John abbia ragione sul fatto che quel che lui chiama “Genitori Arrabbiati” probabilmente sarà sempre con noi. Nello stesso tempo, concordo con Steve: in questi ultimi anni noi abbiamo assistito ad un cambiamento nell’immagine pubblica dell’autismo.

Ho idea che il mutamento sia dovuto in parte al fatto che il modello di pensiero “cause e cure” alla fine non conduce ad un risultato molto utile alle persone con autismo. Anche se – un se molto grosso – nel prossimo futuro potessero essere determinate una o più cause dell’autismo, non è immediatamente chiaro che rilevanza questo avrebbe per le persone autistiche che sono già qui. 

Sul lato cura dell’equazione, moltissimi genitori che tentano i trattamenti alternativi alla fine si rendono conto che non stanno facendo “guarire” dall’autismo i loro bambini. Come mostra Shannon nella sua analisi dei culti dell’autismo, ci sono i genitori che “cercano nuove risposte”. Si rendono conto che sono destinati ad avere un figlio autistico e devono pensare ai mezzi migliori per supportare quel bambino, piuttosto che per cambiarlo. Penso che quello sia il punto in cui essi sono più aperti a quello che dicono gli autistici socialmente impegnati e i loro alleati.

E, fortunatamente, le voci degli autistici impegnati ricevono un ascolto maggiore di un tempo. Non è un caso che il cambiamento nell’approccio  all’autismo nel corso degli ultimi cinque anni coincida con la vita dell’Autistic Self Advocacy Network. Il lavoro che ASAN, TPGA, e altri gruppi hanno fatto insistendo sul principio che gli adulti autistici devono costituire una voce primaria nella discussione sull’autismo è molto importante. Sono sicuro che abbia giocato una parte nel condurre ad alcune delle recenti coperture mediatiche degli autistici adulti.  

Parlando per esperienza personale, posso dire che una volta che si cominciano ad ascoltare gli autistici adulti si comprende che un quadro autentico dell’autismo è molto più complesso rispetto alla copertura mediatica del tipo “guarigione o tragedia” che per così lungo tempo è stata la norma. Le vite reali degli autistici adulti presentano molte più sfumature. Così abbiamo raggiunto un punto in cui, quando i genitori sono disponibili all’ascolto, ora vi sono voci di autistici adulti che essi possono ascoltare. C’è ancora molto lavoro da fare, ma penso che abbiamo assistito ad un progresso reale.

Seth: Shannon, tu sollevi una questione in cui mi sono imbattuto un paio di volte in discussioni che ho avuto, e intendo chiederti qualcosa in proposito. Ad un certo punto tu avevi simpatizzato con alcune idee marginali sull’autismo, mentre oggi tu abbracci convintamente un approccio scientifico, basato sui dati di fatto. Sono curioso di sapere come ti è parso questo cambiamento: che cosa ha fatto evolvere così drasticamente il tuo pensiero e il tuo atteggiamento?

Lo chiedo perché negli ultimi anni io ho cercato in tutti i modi di essere aperto e accogliente verso persone che hanno una visione del mondo molto differente dalla mia. Credo che le forze antivacciniste abbiano arrecato dei gravissimi e in molti casi irreparabili danni: fino ad oggi sono rimasto in contatto regolare con famiglie che hanno perduto bambini per malattie prevenibili con la vaccinazione.  Ma tento strenuamente di evitare di scrivere (o parlare) con ira, e mi sforzo di mantenere aperte le mie proverbiali braccia. Varie volte, durante eventi a cui ho partecipato, sono stato affrontato da attivisti antivaccinisti. Ogni volta che accade, tento di dire loro che su questo argomento siamo in disaccordo ma possiamo invece consentire sul fatto che le famiglie e le persone che hanno a che fare con l’autismo non ricevono il supporto o i servizi di cui hanno bisogno e che meritano nella nostra società. E inevitabilmente la risposta a queste mie parole è: va’ a farti fottere.

Mi pare che quello che sto chiedendo – e la domanda non è solo per Shannon – è come uno possa essere vigilante nel denunciare la disinformazione e l’ignoranza, e simultaneamente tenere aperte le porte virtuali e i tappetini di benvenuto proprio per quelle persone che stanno diffondendo disinformazione e ignoranza.

John, mi affascina la tua affermazione “io voglio essere accettato, ma voglio anche cambiare il mio comportamento per corrispondere meglio ai modelli sociali. Faccio questo nella misura che mi è possibile, pur rimanendo fedele a me stesso”. Puoi svilupparla un po’ ?

E, Todd, sebbene noi due abbiamo avuto qualche scambio di idee nell’ultimo anno, credo di non aver avuto ancora l’occasione di dirti quanto io trovi potente e importante il tuo film. È una ricerca e una meditazione bellissima su cosa significhi essere un essere umano, e un genitore, e un membro della società. Se ti va di parlare di questo, mi piacerebbe conoscere qualcosa delle reazioni alla tua pellicola – sia da parte delle persone consapevoli e coinvolte nella grande comunità dell’autismo, sia da parte del vasto pubblico.

Todd: Grazie per le gentili parole sul mio film, Seth. Le reazioni, sia dentro che fuori la comunità dell’autismo, sono state per la maggior parte molto positive. Non mi aspettavo che sarebbe necessariamente stato così, dato che nel film assumo alcune posizioni che potrebbero essere considerate controverse. Ma come te , Seth, ho cercato di essere rispettoso delle persone con punti di vista differenti anche se ho espresso chiaramente i miei.  In questa tavola rotonda non c’è nessuno a cui debba spiegare che su questi temi è facile trovare in Internet dei match a base di insulti. Non ho voluto fare l’equivalente filmico di un match di insulti su Internet.

E, in una certa misura, le reazioni più positive le ho avute da alcune persone che compaiono nel film, le quali dissentono da me, ma che mi hanno ringraziato per aver dato loro una possibilità di esprimere  le loro opinioni. Non ho di certo percepito questo da ognuno di quelli che non sono d’accordo con me, ma le reazioni che ho colto, insieme ad un numero di recensioni che accennano al tono rispettoso del film, fanno sì che io  senta di aver raggiunto l’obiettivo. Come tu dici, Seth, essere rispettosi non garantisce di essere trattati con rispetto. Ma penso che sia più facile ottenere un impatto nel più ampio mondo al di là della comunità dell’autismo se si assume un tono serio e professionale.

Vi sono alcune interessanti differenze tra il far vedere il film ad un pubblico che non sa molto dell’autismo (come succede ai festival cinematografici), e farlo vedere ad un pubblico preparato.  Ralph James Savarese, il padre di un autistico che ora è il primo non-verbale all’Oberlin, nel film pronuncia una bellissima frase: “le persone neurotipiche si comportano così autisticamente quando parlano dell’autismo – occorre la cura, la cura, la cura “. Questa frase fa ridere il pubblico che conosce qualcosa della comunità dell’autismo, mentre gli altri tipi di pubblico non reagiscono e restano silenziosi.

Far vedere il film ad un vasto pubblico è una grande occasione per formare la sua idea sull’autismo prima che gli spettatori incontrino una persona con autismo (cosa che prima o poi avverrà). Nella misura in cui posso favorire una percezione più positiva dell’autismo nelle persone che non ne conoscono molto, sono contento.

Per un pubblico più preparato, sono sempre contento quando mi sembra di aver cambiato la sua prospettiva o articolato qualcosa del suo punto di vista che le persone non hanno mai sentito dire pubblicamente. Questo è accaduto un numero di volte sufficiente per farmi pensare che l’intero cambiamento nella rappresentazione pubblica dell’autismo che noi stiamo discutendo è in parte solo una faccenda di più gente che dica in pubblico quello che ha pensato in privato. Intendo dire che penso di aver fatto un buon film, ma non avrebbe avuto tutto questo successo se non avesse attinto a qualcosa che si sta sviluppando nello zeitgeist dell’autismo.

E infine, correndo il rischio di rendere ancora più lunga una risposta lunga, la storia  di una reazione negativa. Dopo una proiezione ad un festival, la prima domanda mi è stata posta da una donna che aveva assistito alla proiezione con sua madre. La donna aveva una sorella che aveva subito alla nascita dei gravi danni cerebrali. Disse che voleva ringraziare la madre per aver avuto cura della sorella per tanti anni senza alcun pubblico riconoscimento. Questo pareva opporsi a tutte le persone che si vedono nel mio  film (e a me) che scrivevano libri, parlavano in pubblico  di sé e dei propri figli, ecc. Alla donna sembrava che tutti noi lo facessimo per soldi.

Sebbene lei avesse un’idea molto imprecisa circa i soldi che si possono fare con un documentario sull’autismo, la donna era chiaramente molto arrabbiata e parlava da una condizione di pena. Le ho risposto che molte persone che scrivono libri o fanno film su questi argomenti lo fanno perché sono interessate alla costruzione di una comunità. La donna non si è mostrata soddisfatta della mia risposta, ma l’episodio nel suo insieme è stato una buona lezione: il disaccordo che le persone ti manifestano riguarda talvolta più loro che te.

3 – continua

 

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