Neuro-mania di Paolo Legrenzi e Carlo Umiltà (il Mulino 2009) è un libretto interessante essenzialmente per questo: perché gli autori, uno psicologo cognitivo e un neuropsicologo, pur muovendosi totalmente entro una visione olistica del rapporto mente-cervello, tuttavia mettono in guardia il lettore da alcune delle tendenze dominanti nell’epoca del trionfo delle neuroscienze. Anzitutto difendendo le ragioni della complessità dei fenomeni cerebrali e mentali, che malissimo si prestano a quel tipo di riduzionismo che ritiene possibile modellare tutte le scienze sulla fisica e su “quel miscuglio di fisica e biologia che oggi ci spiega il corpo umano e la sua storia naturale” (p. 56). L’aura che diffonde attorno a sé il prefisso neuro- non ha in sé molto di scientifico, ma a sua volta può dar luogo ad interessanti considerazioni psicologiche e antropologiche. Per quel che mi riguarda, soprattutto nerl campo dell’autismo trovo devastante la tendenza, a volte quasi patologica, alla spiegazione monocausale. Una divulgazione della scienza che la rende semplice e adatta alla mente della massa favorisce l’idea della
Neuro-mania
(…) possibilità di una spiegazione semplice, diretta, apparentemente scientifica, di fenomeni complessi. Una volta propagandata la scoperta di una connessione biunivoca tra uno stato mentale e un’attivazione del cervello sembra che il fenomeno sia stato svelato e il problema risolto. Le spiegazioni monocausali, dove un effetto è dovuto a una sola causa, sono infatti quelle più efficaci e «credibili» (p. 81). L’isteria di massa sulla presunta connessione causale tra vaccinazioni ed autismo è una delle manifestazioni più evidenti di questa tendenza.
Salve,
vi scrivo sperando di non essere di disturbo e di avere qualche
risposta chiarificante. Ho bisogno di un’opinione sulla mia bambina ma mi è
difficile parlarne perché penso sempre di non rendere mai giustizia a tutte le
qualità e all’estrema
sensibilità della mia piccola.
M. ha 5 anni e mezzo ed è nata da una gravidanza abbastanza serena, senza
complicazioni, con parto cesareo a 39 settimane. Essendo nata da una coppia
mista, ha vissuto i primi 20 mesi sentendo parlare due lingue a casa. Il
nostro
non era esattamente un tentativo di bilinguismo ma soltanto una situazione
naturale visto che la bimba trascorreva le giornate in mia compagnia (sono
madrelingua portoghese) e poi la sera ritrovava il papà (italiano) che
rientrava dal lavoro.
Durante il primo anno di vita, la bambina era molto silenziosa ma espressiva,
sorrisi e esternazioni abbastanza chiare di gradimento o dispiacere erano
presenti, il silenzio di parole veniva da noi attribuito intuitivamente alla
possibile confusione generata dalle due lingue che la bambina sentiva a casa.
Le prime paroline arrivate in quel periodo furono le classiche: mamma e papà.
Ai 20 mesi di età, è stata portata da noi all’asilo privato, piccolo ed
accogliente in modo da poter relazionarsi con più persone e principalmente
con
coetanei. Al contrario della maggior parte dei bambini, non ha mai pianto
disperata ai primi giorni di asilo nè tanto meno si è mai rifiutata di
andarci,
ci stava ben volentieri le 3 ore che trascorreva lì, dopodiché tornava a casa
con me. Durante i giorni dell’inserimento (7 giorni), chiedeva soltanto di
venire a trovarmi nella sala d’attesa all’ingresso e poi rientrava in
“classe”
senza protestare.
Dopo l’inserimento all’asilo la bimba cominciò a non rispondere volentieri
quando le parlavo nella mia propria lingua e, per cercare di stimolare in
qualche modo un dialogo, cominciai a parlarle anch’io soltanto in italiano.
Le
prime frasi piccolissime sono arrivate dopo i 24 mesi di età. Prima
dell’asilo,
il principale “metodo” utilizzato fin dai 5-6 mesi per chiedere qualcosa era
il
dito indice alzato indicando l’oggetto di suo interesse.
In quel periodo, improvvisamente, durante le vacanze estive, rifiutò
definitivamente il latte (e non lo prende più volentieri)
Crescendo e parlando sempre di più, si è dimostrata una bambina dolce e
affettuosa, mite e sensibile, adora gli abbracci di mamma e papà e li chiede
molto chiaramente ma all’asilo oscilla un pò tra la socievolezza iniziale e
la
timidezza estrema, quasi isolamento, al primo segno di rifiuto da parte di
qualche amichetto.
Ai 3 anni compiuti, ovvero, in prima materna, la maestra si lamenta che la
piccola nonostante tenga bene le matite in mano, non vuole colorare; che
spesso
risponde solo quando viene chiamata svariate volte e si si rifiuta quando le
viene chiesto di ripetere le solite filastrocche e poesie per le feste. Nello
stesso periodo però la bambina comincia a chiedere qualche perché (pochi),
impara a contare e conosce a memoria le canzoni cantate a casa con me e
quelle
sentite nei cartoni preferiti.
Alla seconda materna, in un’altra scuola, ci viene detto dalla nuova maestra
che la bambina deve tornare in prima materna perché “è troppo lenta” rispetto
ai compagni, sostanzialmente, la maestra si lamentava che la bambina imparava
tanto quanto gli altri e dimostrava di ricordare tutto quanto gli veniva
insegnato (vocali, alfabeto, numeri, nomi e cognomi dei compagni, giorni
della
settimana, stagioni, racconti, canzoni, ecc) ma non riusciva a completare
autonomamente i primi compiti di pre-grafismo, fermandosi spesso per
guardarsi
intorno. Nota triste su quel periodo è che la mia bambina è mancina e in quel
periodo le proponevano sempre di scrivere con la mano destra.
E qui veniamo a noi. A casa, la bambina è tranquilla, parla molto e
principalmente degli argomenti a lei più cari come fatine, cartoni, bambole,
persone care e ama il gioco immaginario, ballare “come una ballerina”, il
“fare
finta di”, le principesse, i film Disney visti li sa a memoria battuta per
battuta e capita spesso di trovarla a giocare con la sorellina (di 2 anni e
mezzo) che come lei conosce a memoria le battute dei filmini preferiti.
Spesso
però fa dei discorsi insoliti, fantastici sul gioco che sta facendo e
pretende
che io partecipi di conseguenza.
A M. piace talmente tanto giocare all’immaginario che passa forse troppo
velocemente da una conversazione con me al “suo” mondo di gioco e , furba (?)
cambia spesso argomento quando le viene chiesto di riordinare i giochi. Lei
ha
grande proprietà di linguaggio ma non sostiene a lungo una conversazione su
cose concrete nemmeno con noi genitori. Questa alternanza tra il suo gioco
fantasioso e le conversazioni “normali” la rende spesso singolare in mezzo ad
altri bambini della stessa età che pur giocando anche loro al gioco
immaginario
sanno forse essere più immediatamente “concreti” quando richiamati da una
conversazione importante.
La mia bambina ha difficoltà a dirmi i suoi perché, spesso sfugge ad un
argomento. Ve ne faccio un’esempio: di recente, ha cominciato a mettere in
bocca
la punta della maglietta che indossa mentre guarda la tele, quando poi se ne
accorge che la maglietta si è bagnata mi chiede di cambiarle maglia e quando
le
chiedo il perché di averla messa in bocca riesco ad ottenere risposte
“circolari” del tipo “ma tu la puoi far asciugare?” oppure “ora la dobbiamo
cambiare”.
Quest’anno, M. è in prima elementare e la stessa maestra che le ha fatto
tanti
complimenti ai primi giorni, al rientro scolastico perché la bambina si
ricordava alfabeto, numeri, ecc; ora mi chiama e mi dice che la bambina forse
deve fare ancora un altro anno di asilo perché non segue la classe. In
pratica,
ascolta ciò che le viene spiegato e lo impara pure velocemente ma quando
passano alle attività sui quaderni perde concentrazione e non riesce a
completare i compiti in classe dovendo poi portarli a casa. Inoltre, la
maestra
la deve spronare continuamente altrimenti mia figlia si ferma anche dopo la
prima lettera scritta.
Siccome anche a casa con me, fa lo stesso e considerando che oramai sa tenere
benissimo in mano la matita e che di esercizi di pre-gafismo ne ha fatto
davvero tantissimi e sa scrivere senza aiuto e senza difficoltà tutte le
lettere, mi chiedo se ci possa essere una relazione tra la sua grande
fantasia
e questa difficoltà di portare a termine conversazioni e compiti. Mi chiedo
se
è semplicemente una bambina dolce e fantasiosa o se nasconde qualche
difficoltà
nel rapportarsi con la realtà più concreta.
Altra caratteristiche che mi preoccupano nella mia bambina sono due:
– succede di rado ma a volte ha paura improvvisa di un cartone/ film/oggetto
per niente spaventosi e, in
quei momenti si allontana di corsa dalla causa di paura (qualche volta
urlando).
– ha estrema fiducia degli estranei. Nonostante sia molto premurosa nei
confronti della sorellina più piccola (ha paura che si perda nei posti che
frequentiamo, paura che provi a salire/scendere le scale da sola, paura che
entri da sola in ascensore senza aspettarci arrivando anche a chiederle la
mano
prima di uscire di casa), ed abbia chiaramente capito che esistono i
pericoli;
appena vede che parliamo con qualcuno (ad esempio un’impiegato al
supermercato
o la commessa al negozio) , lei si avvicina sorridente e dolcemente si
presenta
e qualche volta può anche prendergli la mano per cercare di farsi salutare.
Non so se sono io a farmi troppi problemi ma avendo anche una bambina più
piccola e completamente diversa, che fa ragionamenti chiari e precisi e
risponde di pronto a qualsiasi domanda mi chiedo se devo cercare un parere
specialistico o se devo attendere ancora.
Ringrazio se potreste darmi un’ opinione in merito, sono molto confusa sul da
farsi.
Gentile Mammalu, la situazione della bambina appare alquanto complessa, e non priva di elementi di preoccupazione. Anche uno psicologo o un nuropsichiatra Le risponderebbero di aver bisogno di visitare la piccola per poter dare delle indicazioni, e io non sono uno specialista, ma un semplice genitore. Mi pare tuttavia evidente che sia fortemente raccomandabile un esame (ed una valutazione attenta) da parte di un bravo psicologo dell’età evolutiva. Dovrebbe essere il pediatra a consigliarLe dove rivolgersi. E’ anche probabile che la bimba abbisogni di un programma educativo personalizzato. Di più non posso dire. Le faccio i miei migliori auguri.