Il mio Principe

Il mio principe. Soffrire, crescere, sorridere con un figlio autistico

Ha come sottotitolo soffrire, crescere, sorridere con un figlio autistico il libro di Gina Codovilli Il mio Principe (Itaca 2010, ristampato nel 2011). È un libro-testimonianza, un racconto per quadri che inizia dalla gravidanza, quando Gina è incinta del suo terzo figlio (che spera una bambina, mentre sarà Andrea), più di venti anni fa, e termina con un oggi aperto alla speranza. La speranza, insieme con la dedizione totale della madre al figlio, è la cifra di questa narrazione. Leggendo il libro, chiunque abbia un figlio autistico potrà trovare esperienze vissute  anche da sé: dalla comunicazione sbrigativa della diagnosi da parte di un neuropsichiatra-burocrate all’assenza di indicazioni da parte delle strutture sanitarie e sociali, dalla disperata ricerca di informazioni sulla sindrome ai pellegrinaggi in cerca di aiuto e di soluzioni. Gina incontra nel suo percorso (illuminato da una fede crescente nella Provvidenza) una serie di “angeli” come lei li chiama: persone che capiscono il suo dramma, che l’appoggiano, che hanno capacità di relazionarsi con Andrea, che gli consentono di vivere la scuola e varie altre attività in modo sereno. Forse ha anche la fortuna di vivere in un contesto come quello del territorio di Rimini.

Come moltissimi genitori di un bambino cui è stato diagnosticato l’autismo, e cui non vengono fornite informazioni corrette da chi dovrebbe farlo, Gina le prova tutte: omeopatia, psicoterapia, idroterapia, delfinoterapia, musicoterapia, comunicazione facilitata, ecc. ecc.: risultati scarsi, e in alcuni casi nulli. Come moltissimi genitori, lei e suo marito rimangono isolati col loro problema, cercano soluzioni di qua e di là, ma non si confrontano mai con altre famiglie che condividono quello stesso problema. E questo purtroppo accade spesso: nell’isolamento si possono incontrare “angeli”, come è capitato a Gina, ma più spesso “demoni”, che prospettano false soluzioni, spingono verso burroni, o semplicemente negano ciò che invece si dovrebbe dare. Nel libro di Gina Codovilli non si parla mai né di associazioni di genitori né di altri ragazzi con autismo, e questo mi colpisce non poco. Infatti il ruolo che hanno avuto le famiglie e le associazioni di familiari nel promuovere la causa dell’autismo, e non solo in Italia, è stato decisivo. Lo scambio di informazioni tra famiglie è importantissimo, soprattutto di fronte ad un sistema sanitario in cui esistono ancora neuropsichiatri come quello del libro, che comunicando la diagnosi pronunciano frasi agghiaccianti del tipo “”Vostro figlio è autistico. Ha già dato tutto quello che poteva dare”. E senza l’opera delle associazioni, anche i servizi per l’autismo che in vari luoghi d’Italia sono sorti e sorgono non esisterebbero. Naturalmente, questo non è un saggio, ma una testimonianza particolare, come sono particolari i nostri figli, che richiedono apppunto trattamenti e approcci personalizzati, rispettosi dei loro differenti modi di essere. Andrea ventenne, grazie all’impegno della madre e della famiglia, si trova davanti la possibilità di un progetto di vita (anche se con tutte le incognite del dopo di noi). Per la maggioranza degli adolescenti autistici italiani, cui la psichiatria del nostro Paese non riconosce neppure la denominazione di autistici, non c’è una vera presa in carico da parte delle ASL, e di un progetto di vita non esiste la minima traccia. Dopo l’obbligo scolastico con l’integrazione relativa, realizzata più o meno bene, c’è solo un buco nero.

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