Quattro domande alla mia ULSS

Poniamo che io sia il genitore di un bambino di 3 anni, e che abbia il forte sospetto che mio figlio sia autistico. Poniamo pure che il sospetto sia condiviso dal mio pediatra. Il mio pediatra sa (ma non tutti i suoi colleghi in provincia di Treviso lo sanno) che l’ASL dispone di un centro dedicato, il Samarotto, e me lo dice. Che farò io allora? Nel 2012 è assai facile che il mio primo atto sarà quella di andare in Internet e digitare sul motore di ricerca qualcosa come “Samarotto Treviso autismo”. Ebbene, non troverò nulla, o quasi. Idem sul sito ufficiale dell’ULSS 9. Troverò qualcosina solo nei siti di Autismo Treviso onlus. Questo, nell’era di Internet, ha dell’incredibile, ma le cose stanno in questi termini. Ora, la domanda è: perché il Centro Samarotto e l’ULSS 9 hanno scelto questo basso profilo, questa sostanziale invisibilità (dopo l’iniziale servizio di Medicina 33 che sembrava proiettare il Samarotto sulla ribalta italiana delle buone pratiche per l’autismo)? È evidente come l’angoscia dei genitori di fronte ad un sospetto, o addirittura ad una diagnosi, di autismo sarebbe già attenuata dalla semplice conoscenza del fatto che l’ASL dispone di una buona struttura di secondo livello, che eroga servizi adeguati. Attendiamo una risposta.

L’anno scorso, durante una conferenza stampa per la Giornata Mondiale dell’Autismo, il dott. Claudio Dario, direttore generale dell’ULSS 9, ebbe a dire che l’ULSS 9 credeva in uno “strettissimo rapporto con le associazioni”. Ne abbiamo preso atto con soddisfazione, ma stentiamo molto a vedere in che cosa questo strettissimo rapporto si sia effettivamente concretizzato. Infatti, la prima e fondamentale condizione di uno strettissimo rapporto è la reciproca informazione. Ma mentre le associazioni rendono noto ciò che fanno e le loro iniziative, da parte dell’ULSS alle associazioni medesime non viene comunicato mai nulla. Si consideri che il sottoscritto già nel 2006, nel corso della tavola rotonda sull’autismo delle tre ULSS della provincia di Treviso, aveva insistito sul bisogno assoluto e prioritario che l’informazione circoli. Ma tuttora non circola adeguatamente, e per lo più non circola affatto. Idem, più in particolare, per il Samarotto. L’opinione pubblica ha il diritto di accedere ad alcuni dati, che non sono coperti da privacy: quanti sono i soggetti seguiti, che tipo di trattamento viene erogato e per quale numero di ore settimanali, quali sono i comuni di provenienza, ecc. In generale, l’opinione pubblica e le associazioni dovrebbero conoscere quante diagnosi di spettro autistico si fanno ogni anno nel territorio dell’ULSS, quanti soggetti autistici vivano nei territori dei singoli comuni, come siano seguiti e che trattamenti ricevano, ecc. Questi dati sono importanti anche per le amministrazioni comunali: esse dovrebbero sapere quante famiglie con l’autismo al loro interno vivano nel territorio comunale, perché sono famiglie in difficoltà, una difficoltà che può essere anche grave o gravissima e che tende a non emergere. Attendiamo una risposta.

Tornando alla particolarità del Samarotto: la pubblica opinione e le associazioni dovrebbero essere informate anche del perché di alcune mancanze. Ad esempio, perché per i suoi primi quattro anni di vita il Samarotto è stato privo di vetri unidirezionali, elemento che consente ai genitori di assistere non visti al trattamento dei loro figli, cosa molto importante per l’autismo, vista la necessità di un approccio non dissonante tra casa, famiglia, luoghi di terapia ecc.? Si riteneva questa mancanza irrilevante, ed allora vi sarebbe di che essere perplessi circa l’impostazione clinica del Samarotto, o la mediocre spesa per l’installazione non poteva essere sostenuta dall’ULSS? Tertium non datur. Quattro anni sono molti, troppi. Attendiamo una risposta.

Infine, noi chiediamo che quando l’ULSS 9 e il Centro Samarotto intraprendono iniziative o elaborano progetti per l’autismo ne diano informazione tempestiva, completa ed ufficiale alle associazioni dei familiari. Chiediamo anche che il nostro parere (che certo non è vincolante per un servizio pubblico, ma cui dovrebbe essere riconosciuto un certo peso, data anche l’origine storica dei servizi per l’autismo e dello stesso Samarotto) venga tenuto presente. Tanto per fare un esempio ipotetico: se il Samarotto pensasse ad un nuovo progetto sulla domiciliarità, un tasto sul quale AT ha sempre insistito, dovrebbe darne per tempo completa informazione alle associazioni. I progetti ufficiali di una struttura dell’ULSS devono essere aperti alla pubblica opinione, e sarebbe buona pratica metterli a disposizione delle associazioni in forma scritta, chiamandole anche ad esprimere il proprio parere. Altrimenti, dove si collocherebbe lo strettissimo rapporto con le associazioni? Attendiamo una risposta.

 

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One Response to Quattro domande alla mia ULSS

  1. Fabio Brotto ha detto:

    L’ha ribloggato su Proautismoe ha commentato:

    Sono passati due anni da quando abbiamo formulato queste quattro domande. Ne aggiungiamo una quinta: quali percorsi sono stati elaborati per le persone con autismo adulte? Ovvero, che programmi specifici sono stati ideati, quali strutture dedicate, quale personale preparato, con quali tempi e con quali obiettivi? E quanti denari vi saranno investiti? Vi è il ragionevole timore che non si stia muovendo foglia, o quasi…

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