Il mondo della disabilità in Italia ha bisogno di determinazione, idee chiare, realismo. Molto meno di visceralità, luoghi comuni e ideologia. Eppure, e non è strano, prevalgono di gran lunga i secondi. Così, siamo passati in pochi decenni dal segregazionismo all’inclusivismo totalitario. Leggo con irritazione, ma non con stupore, quindi, l’articolo di Chiara Bonanno comparso su Superando del 16 febbraio, intitolato “Strutture protette”: i convincimenti e le leggende. E qui lo sottopongo ad un’analisi critica, al fine di far emergere quelli che a mio giudizio sono nodi irrisolti e scogli pericolosi (non privi di Sirene).
Scrive Chiara Bonanno: In Italia c’è ancora tanta gente convinta che alcune forme di disabilità debbano essere trattate in appositi ambienti altamente strutturati e con personale professionalmente preparato.
Certamente, e per fortuna. Quegli ambienti però non è facile trovarli. Io da sempre sostengo che le persone con autismo a basso funzionamento, tanto per…
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