Una lettera al Corriere

18/02/2012

Sul Corriere della Sera di ieri 17 febbraio è comparsa una breve lettera scritta dalla madre di una persona con autismo. Mi sembra, nella sua brevità, molto significativa.

Sono la madre di un ragazzo autistico di trent’anni. Mio figlio è «verbale» e molto socievole. Purtroppo anche noi abbiamo dovuto lottare molto contro i pregiudizi di ogni tipo.
Mio figlio è stato allontanato da molti luoghi, una volta, quando aveva otto anni, venne allontanato da un corso di pattinaggio tenuto in un circolo Arci, ci dissero che i genitori degli altri ragazzini «normali» si erano lamentati. È stato allontanato da un corso di teatro, sempre con la stessa «scusa».
Insomma, mentre da una parte molti si riempiono la bocca di parole come integrazione, solidarietà, inclusione ecc… spesso rivolte strumentalmente all’accoglienza di persone provenienti da altri paesi, i nostri figli, invece, vengono sistematicamente ignorati se non palesemente emarginati. Non sono mai stata zitta davanti a queste ingiustizie, spesso commesse anche da parte di istituzioni… ho denunciato scrivendo lettere a giornali ecc… Perfino le altre due mie figlie sono state in un certo modo discriminate perché sorelle di un «handicappato». Eppure abitiamo in una cittadina alle porte di Firenze, una città, una regione come la Toscana, dove è solitamente molto spiccato, forse solo a parole, il senso di solidarietà.

Mamma di un giovane autistico


Genitori arrabbiati ecc. (3)

05/02/2012

 

di Seth Mnookin
(che ringrazio per avermi concesso di pubblicare questa traduzione)

Todd: Credo che John abbia ragione sul fatto che quel che lui chiama “Genitori Arrabbiati” probabilmente sarà sempre con noi. Nello stesso tempo, concordo con Steve: in questi ultimi anni noi abbiamo assistito ad un cambiamento nell’immagine pubblica dell’autismo.

Ho idea che il mutamento sia dovuto in parte al fatto che il modello di pensiero “cause e cure” alla fine non conduce ad un risultato molto utile alle persone con autismo. Anche se – un se molto grosso – nel prossimo futuro potessero essere determinate una o più cause dell’autismo, non è immediatamente chiaro che rilevanza questo avrebbe per le persone autistiche che sono già qui.  Leggi il seguito di questo post »


Genitori arrabbiati, ecc. (2)

29/01/2012

di Seth Mnookin
(che ringrazio per avermi concesso di pubblicare questa traduzione)

Seth: Vorrei  iniziare la nostra discussione da uno sguardo a come l’autismo è rappresentato nei media. Ho avuto una conversazione  online  con la giornalista del New York Times Amy Harmon circa  un articolo scritto da lei su una giovane coppia con sindrome di Asperger (uno dei quali, tra l’altro, è proprio il figlio di John). Quella discussione mi ha portato a riflettere su quanto drasticamente si siano evoluti i modi in cui noi pensiamo e parliamo dell’autismo. E  con questa introduzione deliberatamente aperta, apro la discussione… Leggi il seguito di questo post »


Persone

29/01/2012

1. Persone scientificamente preparate che parlano della Linea Guida dell’Istituto Superiore di Sanità senza averla letta: nessuna (se si sa qualcosa di scienza si sa che un documento scientifico non può essere discusso senza una sua integrale lettura).

2. Persone scientificamente preparate che parlano della LG avendola letta, e la respingono: nessuna, perché la LG è scientificamente inattaccabile, sul piano metodologico e dei contenuti.

3. Persone non scientificamente preparate che criticano severamente la LG avendola letta: pochissime, perché la non conoscenza del metodo scientifico e del suo linguaggio ne ostacola la lettura e ne impedisce la comprensione.

4. Persone non scientificamente preparate che parlano della LG e la respingono non avendola letta: moltissime, perché sull’autismo circolano leggende metropolitane, false credenze, illusioni, ecc. ecc., sapientemente utilizzate e alimentate da falsi profeti di ogni calibro e risma.


Genitori arrabbiati, diritti della disabilità e vita in un mondo neurotipico (1)

27/01/2012

di Seth Mnookin
(che ringrazio per avermi concesso di pubblicare questa traduzione)

Da quasi quattro anni ho iniziato il mio lavoro di ricerca e pubblicazione sull’autismo. Il grosso di questo lavoro è concentrato nel mio libro The Panic Virus,  che esamina le false paure circa una connessione tra vaccini e autismo. (Informazioni sul libro, tra cui un sommario e links  a recensioni, sul mio website.) The Panic Virus è uscito nel gennaio 2011, e in questi 12 mesi ho imparato abbastanza – sulla natura umana, sulle paure e i pregiudizi, sulla razionalità e la superstizione e l’etica medica e la salute pubblica – da scrivere diversi altri libri. (Ho anche fatto esperienza di prima mano delle ansie e dell’incertezza che accompagnano il divenire genitori: in dicembre mia moglie ha dato alla luce il nostro secondo figlio). Ho incorporato una piccolissima parte di questa nuova informazione in una postfazione inclusa nell’edizione paperback, uscita qualche settimana fa.

Una cosa che non ho potuto trattare è quanto  radicalmente si sia evoluta la mia stessa concezione di autismo. Gli esseri umani hanno un bisogno fondamentale di classificare ed etichettare: è uno dei modi più basilari con cui noi attribuiamo un senso al mondo che ci circonda. Poiché “autismo” è una diagnosi medica, potrebbe sembrare, a prima vista, che si tratti di una definizione immutabile – ma come sa chiunque si sia occupato dell’argomento, questo sicuramente non è il caso. Proprio la settimana scorsa, il New York Times ha fatto sensazione con un articolo in prima pagina che spiegava nel dettaglio cosa sta cambiando nella definizione “ufficiale” dell’autismo nella prossima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), che potrebbe ridurre drasticamente il numero delle persone con diagnosi di autismo o “disordine dello spettro autistico” come la sindrome di Asperger.

Ho chiesto ad alcune delle persone che hanno influenzato il mio pensiero su tutti questi temi di partecipare ad una tavola rotonda virtuale. Questa conversazione, che ha avuto luogo prima dell’articolo del N Y Times sul DSM, è aperta e ad ampio raggio. I partecipanti, in ordine alfabetico, sono:

Shannon Des Roches Rosa — Shannon è una delle colonne dell’inestimabile sito The Thinking Person’s Guide to Autism; il mese scorso, Shannon e i suoi collaboratori hanno pubblicato uno stupefacente libro con lo stesso titolo.

Todd Drezner — Todd è un regista newyorkese il cui ultimo lavoro è Loving Lampposts, un incredibile documentario su suo figlio. Sul suo website potete vedere un trailer, leggere recensioni e apprendere altro suo questo film.

John Elder Robison – John è un autore di bestseller che ha scritto due eccellenti libri di memorie sulla vita di una persona con sindrome di Asperger: Look Me In the EyeBe Different.

Ari Ne’eman — Ari è un sostenitore dei diritti delle persone con autismo e cofondatore dell’ Autistic Self Advocacy Network (ASAN). Nel 2009, il presidente Obama lo ha inserito nel National Council on Disability; è la prima persona nello spettro dell’autismo con un incarico nel Council. L’ ASAN sta lavorando per la pubblicazione della sua “prima e fondativa” antologia, che sarà intitolata Loud Hands: Autistic People, Speaking.

Steve Silberman – Oltre ad essere uno dei migliori scrittori di scienza del paese, Steve è una delle persone che mi sono più care. (Condivide con me anche la mia predilezione per il gruppo the Grateful Dead ed ha anche lui il suo blog,  NeuroTribes). Attualmente sta lavorando ad un libro sulla storia della diagnosi di autismo e la neurodiversità.

 

1- continua

 


Difesa della Linea guida dell’ISS

26/01/2012
Logo immagine di superando.it
 
La Linea guida dell’Istituto Superiore di Sanità, informata a criteri rigorosamente scientifici, proprio per questo è indigeribile dalle molte associazioni, professionisti di vario genere e livello, gruppi di interesse e ciarlatani che nell’autismo hanno trovato un ricco pascolo da cui foraggiarsi. Trovare una qualche sponda politica per costoro non è impossibile. Per questo, non è il caso di tacere. Bisogna opporsi apertamente. Significativa, in questo senso, la presa di posizione di FISH e FANTASiA, cui rimando.

Delfini e lemuri? No, grazie!

26/06/2011

Il dott. Giovanni Valeri, neuropsichiatra dell’età evolutiva al Bambino Gesù di Roma, dice con chiarezza che la terapia con i delfini e i lemuri proposta da Moscato è un’assurdità, e che l’approccio Dan! non ha fondamento scientifico, mentre sottoporre alla chelazione i propri figli è una follia. Ci congratuliamo col dott. Valeri, per il suo parlar chiaro, non frequente tra i neuropsichiatri italiani.

 


Cacciatori autistici!!!

08/06/2011

Sulla Rete si diffondono le ipotesi scientifiche più avventurose e scarsamente fondate. Il campo dell’autismo ne è pieno. Eccone una, presentata qui.:

«Cacciatori autistici – Al giorno d’oggi l’autismo costituisce una sfida per le persone che ne sono affette. Ma secondo una ricerca statunitense, l’autismo potrebbe aver rappresentato una caratteristica vantaggiosa tra i nostri antenati, quando si trattava di raccogliere cibo e cacciare, dovendo spesso restare soli ed in silenzio durante il foraggiamento.
Vantaggi funzionali – Quando si trattava di separarsi dal gruppo per seguire una preda, o raccogliere il cibo, l’autismo poteva fornire vantaggi notevoli, come per esempio un aumento della percezione spaziale, della concentrazione, e della memoria, tutte doti utilissime in un ambiente naturale. Quindi l’autore della ricerca, Jared Reser, dottorando al dipartimento di Psicologia della University of Southern California, ha ipotizzato che l’autismo sia stato trasmesso, almeno all’inizio della nostra evoluzione, come caratteristica vantaggiosa, che permetteva una resa migliore quando si trattava di ottenere cibo dall’ambiente naturale. In pratica, i soggetti autistici potevano rivelarsi dei cacciatori superiori alla media, grazie alle loro qualità ed alla loro superiore resistenza alla separazione dal gruppo durante il foraggiamento in solitario.
Fame e sete – La fame e la sete sono istinti che spingono i soggetti autistici a comportarsi in maniera compulsiva e causano attività ripetitive, secondo l’autore della ricerca. Questi comportamenti avrebbero permesso un miglior sviluppo delle abilità di caccia e raccolta necessarie alla sopravvivenza tra i nostri antenati, rendendoli quindi dei foraggiatori migliori. Oggi questi comportamenti vengono tenuti a bada, per esempio quando i genitori danno da mangiare ai figli autistici, e quindi i loro comportamenti vengono “distratti” dal bisogno di trovare cibo ed acqua, e vengono reindirizzati verso attività non sociali (per esempio ammucchiare blocchi di legno, o collezionare tappi di bottiglie).»

Bene, questa teoria, chiamiamola del “foraggiatore solitario”, presentata da Jared Reser, si può leggere qui integralmente (in inglese). Non sta assolutamente in piedi, perché cozza con quanto ci dice la primatologia circa il modo di cacciare delle scimmie (che avviene in gruppo). Inoltre, Reser non sembra avere la minima idea di quel che significa la caccia. Anzitutto, senza una cooperazione di gruppo, che implica un’alta socialità, capacità di imitazione e di intuizione della mente dell’altro, non si sarebbe mai passati alla caccia di animali grossi e pericolosi. E poi nell’autismo manca la capacità di comprendere l’intenzione altrui, e quindi anche l’intenzione di una preda piccola nel momento in cui tenta di sottrarsi alla cattura. L’autistico essendo mentalmente rigido, ogni modificazione e stranezza nel comportamento di una possibile preda porterebbe al fallimento della caccia. Inoltre, una caccia solitaria esclude la condivisione della preda, con tutto quel che comporta già negli scimpanzé bonobo in termini di sviluppo comportamentale. Insomma: l’autismo in termini evolutivi non costituisce affatto un vantaggio per la specie, e lo sforzo per vederlo in questi termini può essere spiegato solo come mascheratura scientifica di una posizione ideologica, che infatti emerge alla fine del testo di Reser: “Mostrare come l’autismo abbia una produttività ecologica e come esso esista ancor oggi a causa del suo successo nel passato indica che esso deve essere considerato non una malattia ma una condizione. Non dovrebbe essere pensato come qualcosa di cui vergognarsi, ma come qualcosa che rappresenta l’individualità, l’autodeterminazione e l’autonomia.” Mi chiedo quanti autistici abbia visto Reser. Mi chiedo se potrebbe scrivere questo dopo aver visto mio figlio e gli altri ospiti dell’Orto di San Francesco.

(Nella foto mio figlio Guido, al parco dello Storga. Completamente disinteressato agli animali, si diletta di strappare soffioni e lanciarli ripetitivamente in aria.)


Servizio RAI Veneto

07/04/2011

Checklist per diagnosi precoce

31/03/2011

Fino a 360 mila italiani autistici, checklist per diagnosi precoce

Milano, 30 mar. (Adnkronos Salute) – Una ‘checklist’ per individuare prima possibile i bimbi che soffrono di autismo, malattia dalle cause ancora sconosciute, che secondo le stime (discordanti) affligge in Italia un numero compreso tra 120 mila e 360 mila persone, con i maschi 3-4 volte più colpiti e un esordio nei primi 3 anni di via. Anche se non esiste ancora una cura, è dimostrato che la diagnosi precoce, insieme a percorsi educativi, terapeutici e di inserimento scientificamente validati, possono migliorare le condizioni dei pazienti e aumentare le chance che raggiungano un certo grado di autonomia. ‘Lo screening precoce dell’autismo’ è il tema di un convegno in programma all’Acquario Civico di Milano sabato 2 aprile, Giornata mondiale dell’autismo istituita dalle Nazioni Unite, organizzato da Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia) e Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef).In particolare, spiega Rinaldo Missaglia, segretario nazionale Simpef, “al convegno discuteremo tra l’altro della validità di utilizzo della ‘Chat’ (Checklist for Autism in Toddlers), uno strumento diagnostico da proporre in occasione della visita di controllo a 15 mesi di vita dei nostri piccoli assistiti. La potenzialità della pediatria di famiglia, che in Lombardia conta circa 1.200 professionisti che assistono oltre il 97% dei bambini in quell’età considerata essenziale ai fini diagnostici, è da ritenersi la più sfruttabile per lo sviluppo di una sanità attenta ad impedire, se possibile, il cronicizzare dei mali”.”Il nostro obiettivo – aggiunge Franco Nardocci, neuropsichiatria infantile e presidente Sinpia – è richiamare, insieme ai pediatri di famiglia, l’attenzione della comunità scientifica e sociale su esperienze molto significative che la rete regionale della neuropsichiatria infantile universitaria, ospedaliera e territoriale e degli istituti di ricerca hanno condotto in Lombardia, in raccordo e collaborazione con i pediatri di famiglia”. In Lombardia – ricorda infatti una nota – come in Emilia Romagna, Toscana e Sardegna, è stato messo in atto un concreto sistema di integrazione delle competenze tra medicina specialistica e pediatria di famiglia, che attua un vero e proprio percorso diagnostico, terapeutico, riabilitativo per l’autismo. Ma mentre nelle regioni del Centro Italia questo sistema è sostenuto con interventi fattivi dalle autorità regionali, in Lombardia tutto ciò non è ancora compiuto, segnalano i promotori dell’incontro.”La conduzione di esperienze operative per attuare uno screening per la diagnosi precoce dell’autismo – sostiene Nardocci – è un’azione concreta non solo per affrontare con più determinazione e conoscenza questa grave patologia infantile, ma anche per sostenere il faticoso percorso delle loro famiglie. Auspichiamo che esperienze che si caratterizzano per il loro valore scientifico a livello nazionale possano ritrovare ulteriore assestamento e consolidamento attraverso l’impegno della programmazione sanitaria”. Fino ad alcuni anni fa, continuano gli specialisti, l’autismo era considerato un male misterioso e i trattamenti proposti non erano basati sull’evidenza scientifica, ma su ipotesi o deduzioni soggettive dei sintomi. Oggi, per esempio, è totalmente superata la teoria della ‘madre frigorifero’, ossia l’ipotesi – “dimostratasi poi totalmente errata”, puntualizzano gli esperti – che la malattia fosse causata dall’incapacità della madre a relazionarsi affettivamente con il figlio. Non solo. Oggi si ha anche la consapevolezza che l’autismo dura per tutta la vita: il bambino con diagnosi certa cresce con il suo disturbo. E proprio l’andamento cronico della malattia può determinare, se l’autismo non viene diagnosticato e trattato precocemente, condizioni di disabilità nell’età adulta con gravi limitazioni nell’autonomia e nella vita sociale. In un’altissima percentuale (60-90%) i bambini autistici possono diventare adulti non autosufficienti, continuando ad aver bisogno di cure per tutta la vita. Un numero molto minore (15-20%) è in grado di vivere e lavorare all’interno della comunità, con vari gradi di indipendenza, mentre altri pazienti – pur pochi – possono arrivare a condurre una vita normale o quasi normale.
 
Osservazione: siamo sempre molto indietro. Per gli adulti autistici si sta muovendo poco, quasi nulla. E a livello scientifico internazionale è emerso come la Chat sia uno strumento molto impreciso. (F.B.)